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FARMACIE

Per ascoltare invece di leggere:

Anni fa assistetti in farmacia a un banale ma “intenso” episodio. Avanti a me un giovanotto chiedeva un collirio per un piccolo trauma all’occhio. Il farmacista fu così cortese, affettuoso e prodigo di consigli, anche non richiesti, che pensai a un invaghimento istantaneo per il giovane cliente: si soffermò su istruzioni per l’uso del rimedio, eventuali effetti collaterali, si offrì di aiutarlo ad applicare le gocce etc.

Attendendo il mio turno avrei potuto spazientirmi, e invece godetti immensamente di quel dispiego di gentilezza e di attenzioni gratuite, che certamente richiedette il suo tempo, benedicendo dentro di me il ruolo del farmacista responsabile, figura sanitaria a metà fra medico e infermiere , così come la funzione della farmacia quale piccolo ambulatorio d’emergenza.

Per questo per me me ogni farmacia resta un presidio di umanità, fortezza superstite di buoni consigli sanitari qualificati.

Ogni farmacia tranne qualcuna…

Nelle nostre città sta infatti diffondendosi in misura sempre maggiore il modello della farmacia-supermercato. Spazi immensi, sovradimensionati, tecnologicamente organizzati e burocratizzati, agli antipodi del piccolo esercizio dotato magari di un retrostante laboratorio chimico.

In questi centri commerciali del wellness si trova di tutto: dai cosmetici alle calzature ortopediche, dai presidi sanitari alle tute da ginnastica, dagli occhiali graduati al cibo per cani… E poi magari, fra una cosa e l’altra, anche le medicine…

Sono esercizi che offrono indubbiamente un importante servizio: generalmente aperti 24 ore, dispongono quasi sempre del farmaco urgente altrimenti introvabile. Evidentemente, per garantire l’orario no-stop, il personale è sottoposto a rigida turnazione.

Sarà per questo che in queste farmacie dove si trova di tutto nessuno è disposto a “regalare” niente? Niente, oltre al necessario? Nessun consiglio, nessun sorriso, quasi nessun “buongiorno”, nessuna parola in più… In camice bianco, dietro al banco, troviamo commessi generalmente annoiati e impersonali, più che solleciti e affettuosi professionisti. Perciò è fatale, al di qua del banco, finire per sentirsi numeri…

E’ evidente che non frequento volentieri questi supermercati del farmaco, che hanno distorto la funzione di una professione tanto socialmente utile, e che hanno inoltre rosicchiato un altro po’ di quella umanità semplice e di quello spirito di buon vicinato che aleggiava in tutti i nostri piccoli esercizi commerciali di ogni genere.

Come non pensare alla farmacia Garinei, a Roma in piazza san Silvestro, cioè in pieno centro, il cui retrobottega, durante gli anni della guerra era diventato una fucina di idee per quel Pietro Garinei e per tutta una sequela di autori e attori che avrebbero fatto la storia del teatro leggero in Italia. In quell’esercizio dispensavano farmaci, ma anche rimedi contro l’angoscia: tra quelle mura si inventavano favole a lieto fine che avrebbero curato dalla malinconia generazioni di spettatori.

Anche in tempi più recenti, a volte l’insegna una volta rossa, oggi verde, della farmacia calmierava i serpeggianti attacchi di panico di chi si trovava perso nel traffico di città. Per me, sapere che in quel particolare “negozio”, in qualcuno di quegli scaffali si trovava l’ansiolitico decisivo per tornare serenamente a me stessa era sufficiente a farmi affrontare la jungla urbana, esattamente come la principessa delle favole si sentiva invincibile  a combattere il drago, solo sapendo di avere con sé la noce magica che la avrebbe protetta da qualsiasi pericolo.

Oggi, per sentirci protetti, dobbiamo prima “prendere il numeretto”. Al solo scopo di non dimenticare… che siamo numeri.

 

 

15 gennaio 2025

 

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