Per ascoltare invece di leggere:
L’espressione è molto usata. Segno che il fenomeno è diffuso e anche in crescita. Un tempo ci bastava essere collezionisti. Attività viceversa caduta in disuso. Troppo impegnativa, troppo “intellettuale”. L’accumulo era monomaniacale, circoscritto a una precisa categoria di oggetti: francobolli, dischi, bottigliette di profumo, monete, conchiglie, orologi a cucù… Ho conosciuto uno che collezionava boccali di birra. Era astemio.
Il collezionismo richiedeva una scelta, confinava con l’ossessione e imponeva l’ordine. I collezionisti di un tempo (anche i superstiti di oggi) si facevano costruire mobili appositi per contenere i loro preziosi oggetti, di cui erano custodi attenti, premurosi e gelosi, curandone personalmente la manutenzione e la pulizia.
Oggi il collezionismo è stato sopravanzato da quanto sopra, un collezinismo a 360 gradi, l’accumulo seriale. Non si selezionano più oggetti in base a una determinata categoria, si immagazzina di tutto, alla rinfusa, con una specie di disperazione, di senso della fine. Non si sceglie, ci si accaparra di tutto. Che cosa precisamente non si sa. Come se da domani dovesse scoppiare una guerra, l’atomica, iniziasse l’apocalisse.
Il collezionismo sta all’accumulo seriale come l’economia di sussistenza sta al consumismo più sfrenato. Nel collezionismo c’erano alcune cose (anche se tante); nell’accumulo seriale c’è di tutto.
Invasi dallo tsunami dell’ultra-benessere economico, storditi dalla varietà di oggetti di ogni tipo che ci ruotano intorno, siamo incapaci di apprezzarne qualcuno in particolare; siamo incapaci di non farci sedurre fino allo stordimento dalla varietà totalizzante di tutte le merci potenzialmente accumulabili. E nello stesso tempo, non ne abbiamo mai abbastanza. Abbiamo anzi la sensazione che ci manchi sempre qualcosa.
Io sono affetta da accumulo seriale, e dunque so bene di che cosa parlo. Nel mio caso la “patologia” è dovuta contemporaneamente a un mal di passato e a un mal di futuro. Ma penso che valga per tutti.
Il mal di passato mi porta a monumentalizzare ingombranti inezie, a musealizzare la mia giovinezza, la mia infanzia, così come la giovinezza e l’infanzia di genitori e di avi indietro all’infinito. I cimeli vanno dal netta-pipa del nonno a bauli di fotografie di generazioni passate, dai biglietti del cinema o del tram a appunti di scuola e di università, da banali cartoline a lettere d’amore mai spedite, da nastri di pacchetti natalizi a tappi di champagne di chissà quale compleanno. La polvere li ammanta e li protegge dall’oblio, o almeno così mi illudo.
Il mal di futuro (cioè l’illusione che sia infinito) mi porta a conservare libri che non farò mai in tempo a leggere, tagli di stoffa da cui non riuscirò a cavar fuori un vestito, matassine di fili di ricamo che non vivrò abbastanza per consumare, decine di album da disegno che non ce la farò a riempire. E via di questo passo.
In qualcosa, nell’accumulo seriale, c’entra la morte e in qualcosa c’entra il tempo. Anche la vecchia pro-zia Elena accumulava di tutto. Alla sua morte, svuotando la sua casa, trovammo un armadio pieno solo di medicine scadute e una vetrina piena di bomboniere mai aperte. In entrambi i casi oggetti inutili. La cui inutilità però forse la consolava, la vecchia pro-zia. Si teme lo scorrere del tempo e si fanno provviste temendo tempi di magra. Tutto può servire, anche un’aspirirna di dieci anni fa E nello stesso tempo, ci illudiamo che le piramidi di oggetti che accumuliamo, nel loro poter essere ancora e sempre teoricamente adoperati, possano farci da colonne d’Ercole contro la morte. Possano in qualche modo allontanarla, rappresentare l’alibi per poterla rinviare.
E invece, più si va avanti verso il necessario traguardo, più sarebbe saggio spogliarci. Zia Maria, ormai anziana e malaticcia anche lei aveva cominciato a svuotare i suoi armadi, regalando in giro le sue scarpe mai indossate, le sue borsette eleganti, gioielli, foulard… Saggio contegno. Da una parte la nobiltà di non lasciare a chi resta l’onere di dismettere tanti oggetti; dall’altra, la gioia di poterli regalare in prima persona e soprattutto di alleggerirsi il bagaglio.
Viaggio con bagaglio leggero è una raccolta di racconti della scrittrice finlandese Tove Jansson: il filo conduttore è appunto il viaggio. E il gusto del viaggio, anche di quello definitivo, (come non avevano capito gli egiziano, che riempivano le tombe dei loro faraoni di oggetti di ogni tipo) è inversamente proporzionale al peso di quello che si lascia a casa. Almeno in teoria.
31 ottobre 2024
Antonella Crocetti
Verissimo tutto quello che hai accuratamente spiegato
Massimo Lavena
Quanta verità. Io sono seriale passato ecfuturo e geneyico per eredità da mia mamma. Ed è seriale mia figlia. Ahi lasso!