Close

BREVE IN CHE SENSO

 

Per ascoltare invece di leggere:

Giorni fa ho tessuto l’elogio della formula dei corti teatrali: testi contemporanei caratterizzati da assoluta brevità, che assecondano il diminuito livello di attenzione del pubblico, oggi incapace di sostenere testi di lunghezza superiore a un’ora e mezza.

Qualche settimana fa ho scritto una lettera aperta ai dirigenti della televisione di stato per denunciare la violenza di certe scalette di programmi contenitori, i cui conduttori strozzano sul più bello argomenti seri con una frenesia violenta, maleducata e senza giustificazioni se non quella, del tutto arbitraria, di “rispettare i tempi televisivi”. Si legga: brevi, veloci, dinamici, stringati. Io traduco: nevrotici, banali, isterici, superficiali.

In che senso allora possiamo celebrare l’elogio della brevità? Esclusivamente nel senso della affinità con la poesia, della dimestichezza con l’essenza, col succo delle cose, con la sostanza dei messaggi e del britannico “less is more”: breve non deve significare frettoloso, spiccio o approssimativo. Insomma c’è brevità e brevità.

E’ vero, i nostri livelli di attenzione sono precipitati. Non reggiamo più discorsi lunghi e monumentali trattazioni, e soprattutto siamo annoiati di tutto, ci piacerebbe tanto poter pensare solo a noi stessi. Per svegliarci e poter reagire a qualunque cosa del mondo esterno sembra sia necessario ricorrere a schiaffi, urti, sveglie che trillino come trombe, insomma a sensazioni forti nonché a continui, repentini cambi di clima e di argomento.

Però la caffeina non può e non deve generare nevrosi. La frantumazione del racconto sia in nome dell’intensità e della profondità del frammento, non della dispersione e della polverizzazione di tutte le tessere del mosaico.

Apprendere la sintesi, di questi tempi è giocoforza, ma non è facile praticarla e neppure saperla riconoscere e apprezzare. La sintesi è necessaria per farsi capire, ma anche per decifrare quello che ci circonda. La sintesi è anche bella, è anche poetica, educata, intelligente: da una parte e dall’altra della “conversazione” ci addestra a riconoscere le scorie della comunicazione, che sono comunque tossiche.

Diffidiamo perciò del relatore che al convengo esordisce con “sarò breve”. Denuncia l’impegno che con buona volontà si è dato, ma evidentemente percepisce il rischio di non poterlo rispettare, la tentazione della lungaggine. Infatti la logorrea è sempre più diffusa. In fiumi di parole annegano sempre più persone: il relatore di cui sopra e la vecchietta solitaria che ci elenca i suoi malanni, lo pseudo-intellettuale fanatico e il compagno di scuola che incontriamo dopo decenni e deve aggiornarci su questo e su quello. Eccetera.

Less is more: dobbiamo fidarci, il meno è più. I messaggi whatsapp sono la nuova estetica della contemporaneità, anche se c’è chi riesce a essere prolisso anche in quel caso. Nei nostri tempi di “troppitudine”, la brevità deve poter diventare compatta, densa, tagliente, autenticamente piena di senso, non solo di rumore. E soprattutto educata: per lasciarci il tempo di elaborare e interiorizzare qualsiasi messaggio.

Io mi sforzo di imparare ad essere come un verso, dentro il quale sia concentrato… l’uni-verso. Perciò ho già parlato abbastanza.

 

11 ottobre 2024

One thought on “BREVE IN CHE SENSO

  1. Antonino D'Anna

    Un mio amico, quando iniziava un discorso in pubblico, diceva: “Poiché dopo 5 minuti l’uditorio inizia a fare pensieri a carattere sessuale, io parlerò 6 minuti appena”.
    PS: chi manda Whatsapp da oltre 2 minuti dovrebbe essere scomunicato latae sententiae.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *