Per ascoltare invece di leggere:
L’Intelligenza Artificiale è una moda. Chi non ne parla è perduto, è fuori dal coro, fuori dal tempo, insomma fuori. IA o AI, a seconda se vogliamo sentirci italiani o sovranazionali. E poi, altra variante: L’intelligenza Artificiale con l’articolo, che sembra mettere ancora un po’ di distanza tra noi, oppure Intelligenza Artificiale senza articolo, che la rende un po’ più familiare, che è come chiamare da una stanza all’altra qualcuno che ha un nome doppio: Maria Teresa o Fabio Massimo…
Se ne parla dovunque, riempiendosi la bocca pure di Machine Learning, Deep Learning, replica delle reti neurali umane… eccetera e a qualsiasi titolo.
Giorni fa, grazie a un amico specialista del settore, ho “conversato” con “una di loro”. Ormai ve ne sono di diversi tipi, a seconda del Prompt Engineer che le ha programmate. Il Prompt Engineer, mi è stato spiegato, è l’Ingegnere delle Domande: se non poni le domande giuste otterrai solo risposte generiche. E basterebbe questo a consolarmi: da quando sono nata, per una ragione o per l’altra, ho sempre saputo che la cosa più importante del mondo è fare domande. Sono un Prompt Engineer anche io? Saziare la curiosità è tipico da quando siamo bambini e ottenere spiegazioni può bilanciare il disappunto per una circostanza sgradevole, a cominciare da un divieto genitoriale che ci appare ingiustificato. (“Mamma, ma perché non posso uscire la sera?”)
Io del resto ho studiato filosofia (la disciplina per eccellenza delle domande) e sono giornalista. So che incatenare le domande di un’intervista è un lavoro molto meno banale di quanto sembri.
Dunque ho conversato, dicevo, con IA. A parte il brivido di avere a che fare con qualcuno che non esiste, tipo seduta spiritica, mi sono accorta che è irriducibile. Ha sempre una risposta, anche soltanto per dire che… non ha una risposta. La sensazione è stata un po’ quella di aggirarmi in un labirinto di dati – più o meno sempre gli stessi – e di essere indotta a tornare sempre al punto di partenza, con un bagaglio praticamente identico di informazioni.
Avete mai cercato di contattare qualcuno dell’Italgas? La voce registrata vi espone una serie di opzioni: se vuoi segnalare un guasto premi uno, se vuoi notizie sul tuo abbonamento premi due eccetera… Ma qualsiasi tasto si prema, alla fine si ritorna sempre al menu principale. Senza poter intercettare alcun essere umano. Il numero-clienti Italgas è una serie di strade che non vanno da nessuna parte. E’ un bluff.
E IA, per ora, anche. Una versione parlata di Google, un Google più interattivo. Che ti rovescia addosso (con voce pseudo-umana) quello che è stipato nella gigantesca memoria della Rete.
Vedo il disappunto dell’amico ingegnere che invece ne è entusiasta e scorge in IA qualcosa in più: una scintilla di pensiero, ovvero la capacità, ancora ai primordi, di rielaborare quei miliardi di dati e soprattutto di confrontarli.
A questo proposito mi viene fatta ascoltare una straordinaria rassegna stampa comparata, che nessuna radio o televisione propone, limitandosi spesso alla lettura dei titoli del giorno: in questo caso due voci (una maschile e una femminile) che per la verità tardo a riconoscere come artificiali, sembrano dialogare sulla guerra in Ucraina proponendo diverse versioni delle stesse notizie del giorno presentate da diverse testate.
Stanno davvero pensando? O si limitano a rilevare come parole simili e appartenenti a contesti simili siano diversamente usate? Interrogativi giganteschi ai quali, -e questo è certo- per la velocità dell’evoluzione tecnologica in corso, non arriviamo a rispondere prima che se ne presentino altri. Insomma non stiamo dietro a noi stessi. E il problema di IA non è il rischio che ci sovrasti, ma che ci imponga una pazzesca velocità di adattamento.
Non sono forse in corso i Giochi Mondiali Invernali Special Olympics Torino 2025? Abituiamoci anche noi a sentirci in gara con noi stessi e con le nostre disabilità costitutive, a cominciare dalla nostra lentezza analogica. Ma comunque senza paura.
Ieri, in un incontro dedicato al rapporto fra arti e IA, organizzato in memoria di Ennio Calabria, a Roma, dalla associazione culturale In Tempo (su cui tornerò), la professoressa Rossana Bruno dell’Università Tor Vergata ha fatto una annotazione decisiva: forse siamo intimoriti perché l’abbiamo chiamata Intelligenza Artificiale. E sottolineo “Intelligenza”. E se da domani la chiamassimo “Sistema Veloce di Gestione dei Dati”, per esempio? Chi si sconvolgerebbe più?
Giusto professoressa. Bella … domanda!
14 marzo 2025