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UNA DONNA TRASPARENTE

Per ascoltare invece di leggere:

Quando ero ragazzina, in palestra, l’allenatore mi chiamava per ripetere un esercizio: “Ehi TU”. Dopo cinque anni di frequenza, non sentiva il bisogno di memorizzare il mio nome. Oggi frequento un corso di salsa e di fox trott. Il maestro mi avrà chiesto tre o quattro volte: “scusa, tu come ti chiami?”. E so che continuerà a chiedermelo. Segno che o il mio nome è insignificante oppure sono insignificante io.

Però evidentemente me le cerco. Prediligo il basso profilo, i percorsi poco battuti, lo stare defilata, il sottovoce e la penombra. Per cui chi per caso mi vede, mi confonde con il paesaggio, con un “niente” di contorno alle cose e alle altre persone. La famosa tappezzeria. E credo di avere capito che appaio pure seria, così se per caso qualcuno mi nota, cerca quanto prima di distogliere lo sguardo. Perché le persone serie o presunte tali si considerano giustamente noiose.

Non che mi dispiaccia essere lasciata in pace, non essere tenuta a rispondere o a socializzare. Sperimento una specie di beata invisibilità. In fondo, non desidereremmo tutti di essere invisibili, almeno una volta nella vita? Io è come se lo fossi. Posso guardare senza essere guardata, senza il pesante obbligo della reciprocità. Non esisto. Sono già un po’ morta prima di morire.

Chiaro che per molte persone esisto e significo molto. Per alcune significo addirittura moltissimo e queste non possono non vedermi, anzi osservarmi, in certi momenti perfino “contemplarmi” con sguardo grato o ammirato. Per altre ancora ho cambiato stato: da visibile sono diventata invisibile. In questo caso sperimento qualcosa in più oltre l’invisibilità: la cancellazione.

So sulla mia pelle che cos’è la cosiddetta cancel culture. So come deve essersi sentita la statua decapitata di Cristoforo Colombo in America, vittima di un immotivato revanscismo yankee. E so anche come deve sentirsi un bottone caduto dal cappotto, della cui perdita nessuno si cura perché può essere sostituito. Un bottone vale l’altro. Una persona vale l’altra.

Visto da qui, dal mio pianeta invisibile, tutto appare per quello che è, privo di fingimenti e di ipocrisie. Per capire dobbiamo non essere capiti. Per penetrare dentro le cose, dobbiamo rassegnarci alla trasparenza. E siamo trasparenti quando siamo finalmente capaci di farci dimenticare.

3 aprile 2025

 

 

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