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IL BASSISTA NELLA BAND

Ci sono persone della cui presenza quasi non ti accorgi, ma che ti folgorano con la loro assenza. Dovremmo prendere esempio, e non significa necessariamente che ci tocca aspettare di morire per vedere riconosciuto il nostro valore.

Quasi nessuno ascolta chi va ripetendo in questi mesi che dare armi all’Ucraina non significa per niente contribuire alla pace in Europa, tutto al contrario. Quando queste voci fossero necessariamente messe a tacere (insieme a tutte le altre) per un’inevitabile escalation che culminasse in una replica di Hiroshima e Nagasaki, forse allora l’eco di certi ammonimenti acquisterebbe improvvisamente senso e valore.

Quasi nessuno si accorge di chi sostiene che il dramma immigrazione in Italia è pubblicamente denunciato per essere segretamente alimentato, in quanto generatore di loschi affari da una parte e dall’altra del Mediterraneo. Quando questo paese dovesse esplodere per una impossibile accoglienza controllata, solo allora capiremmo l’importanza di certe letture alternative della realtà.

La potente scomodità della voce della coscienza generalmente è compensata dal fatto che nessuno la ascolta. Eppure c’è, parla, emette continuamente i suoi verdetti, le sue interpretazioni e i suoi allarmi. Sotterranea e ineliminabile, è il sostegno di ogni nostra azione e potenzialmente di ogni nostro pensiero, nel bene e nel male.

Del basso nell’orchestra non si accorgono che orecchi molto allenati. L’ascoltatore medio è sedotto piuttosto  dagli archi, dagli ottoni, dai pianoforti… Oggettivamente i suoni prodotti dal basso sono talmente gravi (di registro grave, di così bassa frequenza) che a fatica possono essere coscientemente percepiti. Accompagnano, sostengono la melodia.

Ma non è così anche nella vita? Ti accorgi a malapena di chi ti accompagna, restando magari discretamente al tuo fianco, non smettendo di consigliarti e di guidarti, di instillarti un dubbio, ma parlandoti basso, dandoti l’illusione di tacere, emettendo promemoria apparentemente inavvertiti e che invece alla lunga fanno risuonare la parte più profonda di te, incidono nel tuo inconscio. Raramente riconosci o apprezzi chi ti parla dall’ombra.

Questo è in genere il ruolo dei fratelli maggiori, dei genitori illuminati, dei maestri lungimiranti, degli amici sinceri, che sanno dosare insegnamenti ed esempi senza protagonismo, senza aspettarsi un grazie, lontanissimi dai riflettori, ma nello stesso tempo capaci di non diventare mai urticanti grilli parlanti.

Il valore di un’orchestra è il valore del suo bassista, diceva Duke Ellington. E Frank Zappa riconosceva che il ruolo del bassista non è in genere così eccitante per il fatto che deve suonare figure ripetute.

Un passo dopo l’altro. Quando camminiamo, non ripetiamo forse sempre lo stesso movimento? Senza accorgercene. E’ solo questa rassicurante ripetitività che ci fa andare. A contatto con la terra, per inciso. E dove, se no? E’ la costanza di un pensiero, la fedeltà a quel pensiero che alla lunga ci permette di progredire, di trovare equilibrio, armonia, stabilità, perfino pace. E allora che diventiamo “bassisti di noi stessi”…

“Basso” è ciò che è più vicino alla terra, a ciò che sostiene i nostri passi. La concretezza, l’umiltà, la condivisione, l’ascolto e l’attenzione a tutto il resto sono le sue migliori virtù. Ma il paradossale destino di ogni sostegno è proprio di passare inosservato. Lo comprendi improvvisamente solo quando ti manca il terreno sotto i piedi. Quando il bassista ( il mesto portatore d’acqua di tutta la band) smette di suonare, allora la musica, che fino a un attimo prima penetrava ogni molecola di te, non si riduce che a un ordinato, algido, inutile susseguirsi di suoni.

E’ solo ciò che è in basso a legare tutto il resto. A forza di alimentare ideali, fedi e ambizioni, ci siamo fatti convinti che il destino dell’uomo sia stare il più possibile col naso per aria, a scrutare l’universo.

Forse invece il destino dell’uomo è semplicemente guardare verso terra e tendere l’orecchio. La musica più bella suona precisamente in quello che quasi nessuno ascolta. E’ allora che si impara a dire grazie.

18 maggio 2023

 

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