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IMMAGINARE IL FUTURO

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Immaginare il futuro è una tentazione facile, quasi inevitabile e che può offrire molti utili spunti di riflessione e di intervento pratico. Ufficialmente la fantascienza nasce agli inizi del XX secolo, quando l’esaltazione positivistica per le grandi scoperte scientifiche e per gli sviluppi tecnologici incoraggiò le più rosee ma anche le più cupe previsioni circa il progredire degli eventi.

Ora anche la fantascienza sembra divenuta una scienza. Non possiamo fantasticare del tutto… neppure quando fantastichiamo. Emancipatasi dal suo appeal popolare, avventuroso e in molti casi perfino fiabesco, negli ultimi decenni l’immaginazione circa il futuro si è ammantata di metodo, di competenze: le emergenziali condizioni del pianeta e i più recenti sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, che sembrano rendere sempre più credibili  gli angosciosi scenari immaginati dalla letteratura e dal cinema, hanno finito per imporre a varie categorie di analisti la necessità di sistematizzare timori e speranze in una cornice più scientifica e soprattutto utile per tutta l’umanità.

Certamente le accresciute possibilità di previsione in tutti i campi, grazie all’impiego di svariati software, sono sirene irresistibili: come non ascoltarle? E d’altra parte, l’atmosfera apocalittica che ci accompagna da diversi decenni insieme all’aumento del rischio generato da un progresso sempre più vorticoso offrono un sottofondo psicologico importante: il futuro fa sempre più paura, e godiamo quasi a coltivare questa paura.

Per questo una scienza delle previsioni affidabile appare sempre più funzionale. Nel suo affascinante studio La società del rischio, il sociologo tedesco Ulrich Beck ha descritto la nascita di una seconda modernità, in cui è in corso “un mutamento dei fondamenti del mutamento”. Ciò che cambia sotto i nostri occhi cambia cioè secondo leggi e modalità del tutto inedite, di fronte alle quali sarebbe saggio non farsi trovare impreparati. Ma di fronte alle quali è sempre più difficile non farsi trovare impreparati. Impariamo dunque a pensare declinando sempre più spesso, con realismo e piedi per terra, il modo indicativo tempo futuro

Nel suo piccolo, con la collana XXI Venturo, edizioni Armando propone un modesto contributo a previsioni il più possibile pragmatiche circa i prossimi decenni. Settore per settore, disciplina per disciplina, i volumi della collana offrono una serie di fantasie che diventano riflessioni su quanto potrebbe accadere di qui alla fine del secolo, non per illuderci o terrorizzarci, ma per delineare le effettive possibilità operative dei prossimi anni, attrezzandoci per gestirle al meglio.

E’ anche da notare come nel tentativo di raccontare gli scenari futuri, molti spunti e molti autori della collana abbiano trovato inevitabile riferirsi al passato, verificando la validità di modelli i riferimento apparentemente finiti nel dimenticatoio. Partire da ieri per progettare domani sembra obbligatorio, non solo per un debito di riconoscenza verso chi ci ha preceduto, ma proprio per ottimizzare gli esiti del nostro impegno presente sullo schema degli sforzi passati, cercando di non replicarne gli errori.

Quanto alla scienza – o alle scienze- del futuro, resta solo un dubbio: la tensione verso una prevedibilità sempre più priva di scarti e di sorprese non toglierà il meglio alle nostre esistenze? Il caso rimarrà comunque a governarci, è inevitabile. Ma lo sforzo continuo di evitarlo non toglierà gusto al gioco?

 

20 luglio 2024

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