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LA COSA PIU’ SERIA

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Ieri sera avrei voluto tessere l’elogio del termine “schegge”, ma ho preferito lasciare la parola al maestro Giovanni Antonucci, la cui avvolgente oratoria mi ha aiutata a tenere a bada la sorpresa: da infiltrata sono diventata vittima di una deliziosa imboscata. Sono un’infiltrata, o meglio un’ultima arrivata nella famiglia del Tordinona-SNAD (il Sindacato Nazionale degli Autori Drammatici) , e cionostante mi sono ritrovata nell’agguato dell’immeritato riconoscimento della prestigiosa giuria del premio “Schegge d’autore”. Fiera e grata del riconoscimento, mi prendo ora il tempo per scrivere ciò che avrei voluto dire.

“Scheggia” è una parola pericolosa. In genere le schegge sono taglienti, a volte possono essere mortali, comunque aggressive per la loro forza di penetrazione aumentata dall’errata percezione della loro scarsa insidiosità: in genere piccole, apparentemente insignificanti, si insinuano nella carne e feriscono.

Le schegge teatrali possono pungolare le coscienze degli spettatori proprio in forza della loro brevità, della loro densità di significato. L’idea dei corti teatrali rivela in questo la sua portata quasi politica. In questi giorni di rassegna, ne abbiamo applaudite tante, più e meno incisive, più o meno penetranti. Tutte hanno testimoniato la vitalità del teatro, che al di là di tutte le periodiche lamentele di chi lo vuole morto, si dimostra ancora e sempre un’esigenza fondamentale dell’animo umano, fino a rivelarsi una vera e propria forma di pensiero: rappresentare un sentimento è una condizione originaria nello sviluppo psicologico di ciascuno di noi. Da bambini mimiamo la guerra, la maternità, la fuga. Ci bastano una bambola, due soldatini, un triciclo…

Grazie dunque a Renato Giordano e a tutta la ciurma del premio “Schegge” e del teatro Tordinona e dello SNAD, per tenere vivo il gioco antico e sempre nuovo del teatro. Con lo stesso spirito dell’infanzia, ma anche nella consapevolezza che il gioco è la cosa più seria del mondo.

 

14 ottobre 2024

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