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L’ULTIMA DEI MOHICANI

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Che strana personaggia la mia amica Eliana. Mia collega di Radio Vaticana, se ne congeda in questi giorni per … raggiunti limiti di età. Va in pensione, come me e come la stragrande maggioranza dei nostri colleghi redattori e tecnici, in questi mesi e anni. Ritrovandoci fuori tutti insieme contemporaneamente o quasi, ci siamo resi conto di essere stati tutti coetanei o quasi nel pieno della vita lavorativa in quella che un tempo veniva chiamata “l’emittente pontificia”. Come compagni di classe nati tutti nello stesso anno o quasi. Non è un fatto scontato e noi non ci facevamo troppo caso.

Eliana, dicevo. Quello che pensa, lo dice, quello che ha in testa, lo ha sulla bocca. Franca, onesta, diretta. E infinitamente rompicoglioni, come sa benissimo lei stessa: precisa, puntuale, fiscale, maniacale e serissima sul lavoro e nella gestione delle cose pratiche. Poi pirotecnica fino allo scherzo sboccato e al divertito turpiloquio al di fuori delle mura. Due persone in una? No, sempre la stessa. E il mix è quella strana, personalissima eleganza di chi riesce comunque a distinguere le persone dai ruoli, di chi sa mandare a quel paese i furbi in malafede ma poi li rispetta e li sostiene se li vede umanamente soffrire. Di chi tutti i giorni si lascia andare a un provocatorio romanesco ma poi al microfono sfoggia un italiano impeccabile.

Stessa generazione, dicevo. Lei e la maggioranza di tutti noi colleghi della ex Radio Vaticana, oggi inesorabilmente assorbita e dileguata dentro il Dicastero della Comunicazione: il garbato fonico-pittore Roberto Colangeli fiero di aver lavorato tanti anni “per il mondo”, il sornione consulente musicale Massimo Lalia che proponeva sottofondi classici e pop a seconda dell’occorrenza, l’amica e collega Meg Mason, inconfondibile voce di tante trasmissioni bilingue, il fiero e autorevole Fernando de Pinho, portoghese, impeccabile responsabile di quella macchina da guerra che era la Redazione Centrale fondata dal gesuita Padre Cabases, il pazientissimo Sandro Continenza, elettricista e trovarobe, sempre disponibile a sostituire valvole, fusibili e componenti analogici, l’eclettico Sean-Patrick Lovett, entusiasta cultore della radiofonia come universale mezzo di diffusione del Vangelo… Non posso ricordarli tutti. Certo che era un’infinità di persone provenienti da mezzo mondo, dall’est Europa come dall’Africa subsahariana, da Capoverde come dal Giappone, dal mondo arabo come dalla Scandinavia. Una classe davvero composita, che ha visto cambiare il mondo, e che questi cambiamenti li ha raccontati al mondo.

Certo una generazione di artigiani la nostra, che è passata dalle registrazioni su nastro magnetico ai file audio digitali, che si è convertita alle agenzie su web dopo anni di srotolamento dei dispacci Ansa da telescrivente, che ha goduto della morte dei ferraginosi fax e della nascita degli smartphone.

Noi siamo entrati in quella emittente più meno a cinquant’anni dalla sua fondazione, dovuta a papa Pio XI e a Guglielmo Marconi. E ce ne stiamo uscendo quando quella emittente è stata mandata in pensione esattamente come noi, senza però arrivare a compiere un secolo di vita. Al posto di Marconi oggi c’è Bill Gates.

Negli anni ottanta noi eravamo ragazzini e guardavamo con ammirazione i monumentali registratori Silvertone a filo, già al tempo soppiantati dai più moderni a bobina Revox o Telefunken. Quella radio sapeva sempre un po’ di polvere e ci riportava tanto indietro nel tempo. Avevamo i nostri grandi guru, dei quali non osavamo sentirci colleghi, primo fra tutti l’immenso Benedetto Nardacci, maestro di radio e di umiltà, che si trovò a condurre magistralmente la radiocronaca dell’udienza papale del 13 maggio 1981, durante l’attentato a Giovanni Paolo II.

Quella polvere degli studi poco areati l’abbiamo respirata un po’ tutti, quelle consolle un tempo fascinosamente analogiche, piene di pulsanti colorati, le abbiamo contemplate tutti, quei macchinari complessi e preziosi, dai microfoni alle grandi antenne, ci davano conferma di essere noi stessi congegni di un meccanismo più grande, che funzionava proprio per il mondo intero, spesso a beneficio di chi, in regimi totalitari o in paesi sperduti non aveva altre fonti di informazione, non poteva permettersi neppure una preghiera.

Eliana viveva tutto ciò fino a un certo punto, con ragionevole, scanzonato distacco. Con onestà ha sempre ripetuto che per lei la radio era “solo un lavoro”, e non una missione o una vocazione professionale. Tanto meno una missione o una vocazione di fede, essendosi sempre dichiarata non credente. Ciò non le ha impedito di raggiungere grandi successi, di evolvere da semplice speaker, quando iniziò a lavorare poco più che ventenne, ad apprezzata giornalista, conduttrice di rubriche di successo. Oltre che di laurearsi al Dams in anni recenti. Davvero, “solo un lavoro”?

Nel suo dichiarato, (apparente) distacco, Eliana ha rappresentato fino a l’altro ieri, fino all’ultima puntata della sua rubrica di medicina Effetti collaterali, uno stile forse un po’ dantan, che però rassicurava e fidelizzava le persone, le cullava nell’illusione che da qualche parte ci fosse qualcuno sempre pronto a parlare loro, a raccontare storie, a dare notizie in un certo modo, con educazione e misura, nel rispetto delle sensibilità e delle esigenze spesso inespresse delle persone, che da una radio come quella cercavano pace, spirito, conferme, consolazione e perfino silenzi…

Cara Eliana, ultima dei Mohicani, che hai imparato come me dai nostri grandi vecchi, che hai guardato e guidato con allegria i primi passi dei colleghi più giovani, che hai condiviso con tutti noi il disorientamento della fine di un’epoca, io ti ammiro per come hai chiuso questo capitolo della tua e della nostra vita. Con la solita signorile lealtà che – complici anche tante tue vicende personali – ti aiuta a cogliere della vita solamente il meglio.

A cominciare da quella Falanghina fresca dell’altra sera. Dunque auguri, amica mia! E adesso trovami i refusi, in questo pezzo.

 

12 luglio 2024

4 thoughts on “L’ULTIMA DEI MOHICANI

  1. Emanuela Siciliani

    Ritratto più puntuale non poteva esser fatto che dalla Dottoressa Laura De Luca. Io ho avuto la fortuna di partecipare al suo pranzo di addio/arrivederci con i colleghi più vicini. La dimostrazione di affetto e le lacrime fatte uscire di nascosto sono state proprio testimonianza di quanto Laura ha raccontato. Una forza Eliana con a tracolla la sua sacca di coraggio e di bontà…

  2. Bruno Rosati

    Ricordo il periodo in cui con Eliana si è lavorato insieme alla Regia 12 per Studio-A. Agli inizi fu difficile riuscire a superare lo scudo, che me la metteva in una luce che sentivo non essere affatto la sua. Un po’ di circospezione, magari pure diffidenza (del nuovo tecnico che non può essere bravo come il vecchio Claudio), e poi … poi, mettendoci da parte mia la massima serietà sul lavoro, la stessa che vedevo mettere lei, si è diventati praticamente amici. E si è riso, tantissimo, su di noi e sugli altri. Coetanei io ed Eliana, pure se io ho preso la “scorciatoia”. E allora qui lancio l’idea: cominciamo ad essere tanti, ma se è vero (e lo è) quello che ha scritto Laura De Luca… perché non organizziamo una bella serata “mangiante”?

  3. Eliana Impallomeni

    Grazie Eliana carissima!
    Mi hai fatto un bel regalo davvero!!! Un tuffo all’ indietro in un tempo per me meraviglioso che ricordo sempre con commozione e gratitudine verso la vita e le persone che ho incontrato. E tu sei una di loro. Laura ti ha dipinto con una precisione “fiamminga”. Sei esattamente come lei dice: rigorosa, sincera ma con un retrogusto di divertimento e di piacevolezza. Provo un po’ di senso di perdita se penso che
    noi ragazzi degli anni ottanta, ad uno ad uno, stiamo andando via dalla nostra amatissima Radio Vaticana e che la stiamo lasciando ad altri che la trasformetanno in un “altro posto” , però i nostri anni formidabili ce li portiamo via con noi e rimarranno i nostri ricordi personali e in comune per sempre. Un abbraccio forte carissima mia omonima (una delle pochissime che ho conosciuto). A presto Eliana

    1. lauradmin

      Grazie… del tuo grazie, cara Eliana omonima. Però vorrei metterci tutti in guardia dalla sindrome della nostalgia. Nel mio ritratto di Eliana Astorri non volevo costruire un monumento alla memoria: non della mia amica. e neppure della vecchia Radio Vaticana. Ricordare va bene, piangere e rimpiangere no. Opporsi alla Cancel Culture è giusto, ma l’ideale, per rispondere a chi sa solo cancellare e dimenticare, sarebbe iniziare un nuovo disegno. Non si torna indietro, e ciascuno nel suo ambito, dovremmo tutti impegnarci ad inventare quello che ancora non esiste, e che magari sarà ricordato in futuro. Insomma guardiamo avanti piuttosto che indietro.

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