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NON ERO UNA BRAVA RAGAZZA

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Eravamo una classe di gente talmente seria. Tutti bravi ragazzi. Maturità classica 1975, in quel liceo romano avamposto di contestazione e insieme di prestigio culturale. Un po’ troppo giovani per il 1968, teoricamente giusti giusti per il ritorno di fiamma del 1977, anche se due anni dopo quella maturità eravamo già proiettati a diventare adulti e gli indiani metropolitani ci sembrarono scemi.

Talmente seri che non festeggeremo mai il nostro cinquantennale. Penose reimpatriate a confrontare pance e capelli bianchi. Madovemaquando. Eravamo talmente seri che una di noi è morta, uno era nipote di un magistrato ucciso dalla mafia ed è diventato magistrato a sua volta, tra di noi c’è chi è diventato medico, chi compositore, chi scienziato, chi attore, chi dirigente in importanti istituzioni pubbliche…. Insomma gente inavvicinabile. Anche se per fortuna c’è anche chi tra noi è rimasto semplicemente a strimpellare una chitarra come ai vecchi tempi, ad andar per mare e a coltivare passioni come il tennis, la fotografia o il taj-chi.

No, non lo festeggeremo il cinquantennale, cari compagni della III E del Liceo Terenzio Mamiani. Niente reimpatriate e men che meno nostalgie. Non vi rimpiango e non voglio neppure ricordare i languori di quel periodo terribile della mia adolescenza frustrata, in mezzo agli anni di piombo, quando non ero né carne né pesce, quando il mondo intero, voi compresi mi faceva paura, quando la timidezza mi rendeva un’ameba esposta alle prese in giro di qualcuno, alle prese di distanza di qualcun altro, e perfino a un certo bullismo cattivo di chi non ne poteva più di sentirmi raccomandare dai genitori come la migliore “brava ragazza” da frequentare. Non ero una brava ragazza, non lo sono neppure adesso, anche se sono sempre apparsa così.

Niente reimpatriate, miei cari. Non voglio neppure condividere con voi il dolce ricordo del professor Grazioli, ultimo dei mohicani tra gli intellettuali della scuola italiana, o della professoressa Giammarco che nella sua acidità zitellesca tradiva il disperato bisogno di tornare ragazza insieme a noi. Non voglio rimpiangervi, non voglio rivedervi, non voglio sbattervi in faccia la donna che sono diventata anche grazie a voi, ignari personaggi del romanzo della mia vita.

Eppure, quanto vorrei abbracciarvi per la prima volta adesso, e finalmente senza vergogna. So che, pur se rimasti estranei, la condivisione di anni così delicati e tragici deve averci legati in qualche modo più del sangue.

Quanto vorrei sentirla, per la prima volta ora che sono quasi vecchia, quella fraternità scanzonata che allora non feci in tempo a riconoscere. Quanto vorrei chiedervi perdono di non avere passato abbastanza versioni ai compiti in classe, di non avere partecipato ad assemblee  e collettivi, di essermene rimasta troppo spesso in disparte, invidiando da lontano la vostra presunta normalità, senza accorgermi che ciascuno di noi aveva i suoi problemi incomunicabili. Perché davvero non ero una brava ragazza.

Quanto vorrei conoscerci o riconoscerci oggi, con quella stessa, disarmata innocenza di ieri.

 

7 maggio 2025

2 thoughts on “NON ERO UNA BRAVA RAGAZZA

  1. Beppe

    Ciao Laura. Ho letto il tuo blog di oggi e mi ci sono molto riconosciuto.
    Immigrato da una modesta cittadina pochi giorni prima dell’inizio delle Superiori, mi sono ritrovato in una grande metropoli del tutto sconosciuta, senza neppure un amico…
    Mi sono così trovato in classe tra sconosciuti e sconosciute con trascorsi molto diversi dai miei (la mia cittadina di origine era [ed è tuttora] un “paesone”, che non consentiva esperienze da grande centro).
    Timido e riservato,  ci ho impiegato due anni a prendere una sufficiente confidenza.
    Ma non ho mai legato con rapporti di amicizia, che ho poi sviluppati in altri àmbiti.
    Ci siamo ritrovati molto tempo dopo per i nostri 40 anni.
    E mi sono reso conto che ero ancora tra sconosciuti.
    Imbarazzante…
    Unica sorpresa una compagna che era tra le più brave, sempre seria e compunta in classe. Portava gonne molto castigate, al punto che mia madre, vedendo una nostra foto di classe, mi chiese se era una professoressa.
    In quell’incontro si rivelò al contrario simpatica e affezionata, e sfoggiava una minigonna che metteva in evidenza bellissime gambe. L’ho rimproverata per avercele tenute nascoste per 5 anni!
    In conclusione, non ho mai cercato i miei compagni di superiori, e spero che loro non cerchino me!
    Grazie per gli spunti di riflessione che spesso mi permetti con i tuoi scritti.
    Ciao

    1. lauradmin

      Grazie a te. Spero comunque che in questo mio pensiero di oggi, a dispetto dell’esordio volutamente cinico, sia arrivato il desiderio di rivederli tutti, i miei vecchi compagni.

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