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OGGETTI CHE PENSANO

Per ascoltare invece di leggere:

Non so perché il corpo umano, comunque la si metta, è nei secoli oggetto di ciclotimiche esasperazioni: o censure, costrizioni, proibizioni, pudori, torture e tabù o al contrario esaltazioni esagerate e fintamente liberatorie. Si passa da una reificazione all’altra: o oggetto di persecuzione oppure di abusi in nome del piacere, della politica o dell’autorealizzazione.

Dal corpo di Gesù torturato e inchiodato ai corpi delle streghe arse vive fino agli scheletri viventi di Auschwitz …si passa alle esibizioni delle porno star, alle maternità surrogate con uteri in affitto, ai devastanti esiti di culturismi sfrenati e di implacabili interventi di chirurgia estetica. Una gestione misurata, non narcisistica del proprio corpo sembra un’esclusiva della lontana civiltà greca che nel mito del “bello-e-buono” aveva trovato il segreto della perfetta armonia, interiore in quanto esteriore e viceversa.

Che cosa c’è, nel corpo umano, che lo espone comunque a inspiegabili bipolarismi, a paradossali e opposte interpretazioni? Che cosa c’è che ne fa comunque un oggetto, alternativamente da colpire o da esibire? Si dirà: il fatto che è effettivamente un oggetto! E pertanto è ambiguo, come tutti gli oggetti: un coltello può ferire e uccidere oppure affettare un arrosto e contribuire a placarci la fame. Ogni oggetto è ambiguo e insieme neutro per definizione.

E tuttavia non possiamo prescindere dal fatto che dentro questo particolare “oggetto” ci sia qualcosa che oggetto e che neutrale non è: chiamiamolo coscienza, pensiero, spirito, anima etc. Hai voglia allora a cercare di sopprimere tutti i dualismi della storia della filosofia. Hai voglia a incolpare Platone, Aristotele, sant’Agostino, Cartesio, Kant e Karl Marx per avere costruito le loro teorie sulla contrapposizione fra dentro e fuori, fra soggetto e oggetto, fra res congitans e res extensa.

Il problema della storia umana è precisamente nel fatto di essere “agìta” da oggetti pensanti. Impossibile non usarci a vicenda, appunto come coltelli o rastrelli o automobili. Impossibile non pensarci spesso frantumati a seconda delle circostanze o delle esigenze, sentirci ora un braccio, ora un cuore, ora un utero, ora un polmone, dimenticando che il tutto non è mai solo la somma delle parti; impossibile insomma non reificare gli altri e noi stessi, riducendoci a meccanismi, prescindendo da quel medium di carne e sangue che porta in giro il nostro io, quel nostro “qualcos’altro” che siamo…

Siamo sempre qualcos’altro rispetto a questa “cosa” che comunque siamo. Perciò siamo comunque divisi, lontani da noi stessi e da tutto. Perciò il senso del tutto e quello del niente, le infinite rappresentazioni dell’arte, consolatorie e inquietanti, perciò la paura, perciò il desiderio.

Sarebbe interessante, in quest’ottica, rileggere una storia dell’umanità attraverso la storia dei corpi, usandoli come reperti deperibili della civiltà. Una storia che forse già qualcuno ha già scritto o sta progettando. Non una storia dell’evoluzione del corpo, ma una storia umana narrata attraverso le esagerazioni, le violenze, le esaltazioni dei corpi. Sarebbe finalmente una storia senza veli, non tanto per la dimestichezza con infinite forme di nudità, quanto per la spietata lucidità che comporta arrivare a pensare a noi stessi come cose. Esposte a usura, rottura, abusi, frantumazioni, rotture, abbandoni. Fragili per definizione e per questo drammaticamente potenti. Un potere, o una estemporanea potenza, di cui comunque dovremmo rendere conto perlomeno a noi stessi.

 

4 febbraio 2025

2 thoughts on “OGGETTI CHE PENSANO

  1. Antonino D'Anna

    All’università ho studiato Medicina legale e delle Assicurazioni e ho imparato che i corpi parlano. Parlano e chiacchierano come non mai, se solo li si sa ascoltare. E questo quando sono, per dirla con Pindemonte, “corpi d’anima voti”: quando invece sono pieni e cioè in vita, sono solo marionette che vengono comandate dal cervello. E’ dal grado di indipedenza morale o religioso dal corpo che viviamo una nostra libertà. La penso insomma come Rita Levi Montalcini: io sono il mio cervello, il corpo faccia quello che vuole. Pazienza se c’è chi gli va appresso.

    1. lauradmin

      Grazie Antonino, Ma anche il cervello è il mio corpo. E non posso dimenticare il mio corpo… che è anche il mio cervello. Il dualismo ci contraddistingue, ci provoca e ci condanna!

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