Close

QUANDO SI DICE TERRA PROMESSA

Ci sono decine di guerre in corso su questo pianeta. Ma in questa metà di mondo ne consideriamo per lo più soltanto due, quelle a noi più vicine, e non solo geograficamente: Ucraina e Medioriente. In particolare per il conflitto Israele Palestina da poco riacceso, è tornata di attualità l’espressione “guerra totale”, a significare un conflitto in cui tutte le risorse di un paese (inclusa la popolazione civile) sono impiegate per ridurre il nemico all’impossibilità di difendersi.

Non entro qui nel merito del conflitto in Medioriente, e neppure nella precisazione terminologica per cui ogni guerra dovrebbe definirsi totale, per chi ne è attore e per chi la subisce, da una parte e dall’altra. Ma vorrei condividere una domanda che periodicamente si riaffaccia alla mia mente quando si riavviano le tensioni nel lato orientale del Mediterraneo. In quell’angolo di pianeta si sono incontrate e scontrate nei secoli, dividendosi lo spazio ora in pace ora in guerra, le tre massime religioni monoteistiche. Perché lì e soltanto lì?

Al di là degli ovvi inviti alla pace che i loro rappresentanti si sono periodicamente scambiati e continuano a scambiarsi, sconfessando unanimemente la linea delle armi, questi tre credo sono – come ha fatto osservare qualcuno – l’uno l’eresia dell’altro. Eppure tutti e tre confluiscono e hanno sempre confluito in uno stesso crocevia di terre semidesertiche, sabbiose o rocciose, tendenzialmente poco ospitali, prive di giacimenti di alcun tipo, docili quanto basta all’agricoltura ma niente più. Nella Bibbia la terra promessa è al contrario amata e idealizzata, generosa di frutti in quanto donata solennemente da Dio a Israele come ricompensa dell’esodo, per questo definita anche terra “santa”. Per i cristiani è il sacro teatro della nascita e del passaggio di Gesù sulla terra, per l’Islam fu a Gerusalemme che Maometto guidò in preghiera Gesù e i profeti dell’Antico Testamento, stabilendo così il primato su cristianesimo e ebraismo…

Impossibile districare la geografia dalla teologia da queste parti. Torna la domanda: perché tutto in quei pochi chilometri quadrati? Perché le visioni, le attese, le speranze, le illusioni di popoli tanto diversi così come decisivi per la storia umana continuano a sovrapporsi in quell’angolo di pianeta?

Quando si dice “genius loci”. Qual è l’irresistibile attrattiva di queste terre? Al di là delle questioni teologiche, qual è la calamita che ha indirizzato e continua a indirizzare sempre qui nei secoli gente comune e intellettuali, teologi e uomini di stato, pellegrini e terroristi, politologi e santoni tra rivendicazioni e tensioni spirituali, tra interessi economici e tira e molla diplomatici?

Autori di fantascienza hanno favoleggiato circa un misterioso magnete lasciato nelle profondità di queste terre da antichi visitatori alieni, che metterebbe la terra in connessione con altri pianeti. Una specie di trasmettitore sepolto sotto il deserto e fonte di irresistibile, destabilizzante energia. Forse esiste una spiegazione più scientifica al richiamo fatale che il luogo esercita su tante persone da sempre. Un luogo in cui è inevitabile farsi la guerra proprio a partire da altissimi ideali spirituali. Che paradosso. Un luogo alternativamente santo e cruento, teatro di preghiere e di attentati, la cui colonna sonora è fatta ora di silenzi e di canti, ora di grida e schianti di bombe.

Ma se quel Dio è davvero lo stesso, lo stesso Dio creatore dell’universo che ha ispirato nei secoli profeti e gente comune da una parte e dall’altra delle barricate, facendosi chiamare con tre nomi diversi, forse si sta “divertendo” (mi si passi il termine) a mescolare le carte degli uomini e le loro aspirazioni, sfidandoli a convivere proprio nel luogo che ciascuno di loro ritiene per sé il più esclusivo. Se è lui lo stesso Dio dell’universo per ciascuno dei nostri credo, forse sta cercando di educarci alla pace proprio attraverso lacerazioni, rivendicazioni e conflitti: forse questo stesso luogo conteso è un simbolico riassunto del pianeta terra. Terra promessa comunque e per chiunque, comunque povera e comunque sognata. Comunque casa di tutti. Che cosa abbiamo da contenderci, alla fine? Siamo sempre e soltanto noi i suoi abitanti, i suoi poveri figli.

 

10 ottobre 2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *