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QUELLA TAVOLA APPARECCHIATA

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Che fai quando ti piace una persona, quando la vuoi conquistare, coccolare, rassicurare, accogliere come in famiglia? Da donna, rispondo: preparo del cibo. Noi donne siamo particolarmente abituate a rimestare alimenti, apparecchiare tavole, improvvisare pranzi e cene. O perché siamo madri, o perché siamo figlie. Abbiamo assai chiaro il tema del nutrirsi. Sappiamo bene che cosa significa sfamare qualcuno, assicurare la sua salute e incoraggiare il suo buonumore attraverso un manicaretto, metafora di una buona parola.

In questo giorno dell’anno, anzi in questa sera dell’anno, io da miscredente mio malgrado, non posso non pensare a quella tavola approntata da Dio per l’umanità. Dio ci sfama: vuol dire che conosce bene la nostra fame. E ci sfama con se stesso, ma questo – lasciatemi essere blasfema – potrebbe essere un dettaglio. L’importante è che Dio sazia il nostro languore di trascendenza.

Il giovedì santo si celebra la messa “nella cena del signore”, che ricorda l’Ultima Cena, vigilia della passione, quando Gesù “prese il pane, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli….”.

Ma in questa stessa sera i cristiani, come si diceva una volta, “fanno i sepolcri”, che nella tradizione popolare sono gli altari della reposizione, addobbati solennemente per ricordare appunto l’istituzione dell’Eucaristia. Insomma per ricordare quell’ultima cena e invitare i fedeli all’adorazione nella notte tra il giovedì e il venerdì.

Una tavola e una tomba: proprio a cena infatti Dio annuncia che morirà. Lui è la fame e il pasto, il languore e la sazietà, perché dopo la morte c’è quella famosa certezza della Pasqua.

Per questo negli altari della reposizione non c’è nulla di cimiteriale, al contrario: il cristianesimo è l’unica religione che coniuga morte e vita, che opera la paradossale inversione di senso nella storia dell’umanità.

Può darsi che la civiltà occidentale con le sue radici cristiane sia al tramonto, come molti temono, così come nei secoli si sono avvicendate le ascese e le disfatte di tante culture millenarie. Può darsi che l’attuale momento della storia della chiesa, così assoggettata ai gusti del mondo sia il segnale di questo declino. Ma i cristiani sono in dimestichezza con i sepolcri e con i capovolgimenti di prospettiva.

E a proposito di capovolgimenti. Apparecchiando una tavola, contando i commensali, sarebbe bello contarne sempre uno o due o tre o quattro in più. Quelli che c’erano e non ci sono più, ma anche quelli che potrebbero esserci e sono troppo lontani. Il paradosso è sempre lo stesso: il distacco e la presenza. Lontano e vicinissimo. Almeno col pensiero.

 

17 aprile 2025

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