Se penso all’educazione al corpo che ho ricevuto, o che mi sono costruita da autodidatta, credo di essere stata (e di essere ancora) una semianalfabeta segregata dentro la prigione di me stessa.
Solo dopo alcune sedute di osteopatia e dopo tre mesi di corso Pilates, ho potuto ricostruire alcune tappe e alcuni frammenti sparsi di questa de-formazione, per iniziare a regredire correttamente verso un principio di autocoscienza corporea “applicata”, e cominciare a considerare il mio corpo non più come una gabbia, ma come una finestra.
Rieducandomi ad usarlo e a coltivare la gratitudine nei suoi confronti.
Attingendo alle mie memorie, ho così cercato di tracciare una mappa della mia progressiva autocoscienza fisica. Una sorta di personale storia anatomo-patologica basata non su tavole sinottiche, ma su ricordi relativi alla conoscenza e alla progressiva percezione dei singoli organi, delle loro funzioni e dis-funzioni.
A una lunga pars “destruens”, seguono indizi della possibile pars costruens.