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PERCHE’ NON SARO’ MAI FEMMINISTA

Perché non sarò mai femminista? Perché sono femmina, che è già tanto.
L’istantanea fulminante sull’abbaglio dal femminismo viene recentemente, strano a dirsi, da un papa “…i discorsi che sento sul ruolo della donna sono spesso ispirati proprio da una ideologia machista.” ha detto Francesco nella sua intervista a La Civiltà Cattolica.

Il papa tira ovviamente tira l’acqua al suo mulino. Nel lungo termine, l’argomento gli servirà per continuare a negare alle donne quei ruoli chiave nella chiesa che molti invece gli vorrebbero veder “sdoganare”. Personalmente non credo che vedremo mai donne vescovo o cardinale, avendo Francesco piuttosto ribadito la virtù precipua della donna secondo la dottrina cristiana: la disponibilità mariana, il docile e insieme vigile assecondamento dei progetti di Dio, la mediazione umano-divino, la custodia della vita etc

Mi sta bene, e comunque non è di papi e di dottrina cristiana che voglio parlare. Voglio parlare dell’abbaglio del femminismo spiegando perché non sono stata e non sarò mai femminista. Perché il femminismo tradisce, appunto, un’ottica maschista, rendendo in ciò il peggior servizio all’identità di ogni persona. Le prime suffragette si travestivano da uomini. Come non vedere in quegli ingenui atteggiamenti l’ ochesco scimmiottamento di un ruolo che ambivano a conquistare di diritto, dimostrando proprio con ciò …il timore di non averne alcun diritto? La questione è semplicissima: che la donna sia a priori penalizzata in quanto donna è stupido. Ma che sia a priori facilitata per lo stesso motivo è altrettanto stupido.

Si dirà che il suffragio universale oggi ci sembra scontato mentre si deve proprio alle accese battaglie di quelle militanti del primo novecento. Mi sta bene. Ma, una volta sancita la parità di diritto, quella di fatto deriverà di volta in volta da tutti altri parametri ed esigenze, molto variabili, e non potrà mai essere sancita per legge. Forse è il concetto di parità che è viziato in partenza: un concetto niente affatto democratico, ma molto dispotico. Io sono per il dispari, che è più originale, più fantasioso, più libertario, più anarchico e dunque più creativo, unico protagonista del libero pensiero! Nel pari c’è una componente ossessiva, maniacale e “fascista” spacciata per il suo esatto contrario: l’obbligo, ipocritamente democratico, di assomigliarci tutti. E se io non volessi assomigliare a nessuno? Se non volessi gli stessi diritti di tutti? Se volessi sancire il diritto… di fare a meno di tutti i diritti indistintamente? E’ solo il dispari che introduce lo scarto, cioè la differenza, la tanto osannata ma mal compresa differenza. E solo il dispari addestra a non averne paura.

Non avevano forse paura della differenza dagli uomini le femministe degli anni settanta, che si liberavano dei reggiseni additandoli come orpelli di odiosa reificazione, che si automutilavano di ogni sex-appeal, irridendolo come un arcaico strumento di piacere maschile (approfittando con ciò, molte di loro, per inorgoglirsi perfino della propria non avvenenza)? E che dire delle giacche di taglio maschile di tutte le mezzobuste televisive o di certe donne in carriera, del loro piglio grottescamente mascolino nel quale ha operato, per almeno tre decenni, ipocritamente e sapientemente mimetizzato e rinnovato, il mai deposto progetto di seduzione del maschio, con altre armi?

Ma c’è una ragione molto più profonda e vicina all’Essere, che mi ha impedito negli anni di riconoscermi nel femminismo e che mi farà morire antifemminista. Non certo un ottuso conservatorismo di stampo clericale o veteroborghese, quanto piuttosto una specie di lungimiranza retroattiva sull’essere umano. In alcune società primitive la donna aveva un ruolo sociale immenso. Forse il matriarcato fu una condizione generale in tutta la preistoria per la solita, elementare radice biologica: il primato nella trasmissione della vita. E ‘probabile (so di avventurarmi in considerazioni antropologiche) che l’uomo primitivo fosse inizialmente soggiogato da questo dato, avvertendone la sacralità con coscienza di molto superiore a quella dell’uomo contemporaneo. Molte divinità primitive femminili si identificano infatti con il principio vitale in sé, generatore di tutto quanto esiste, non solo sulla terra.

E’ vero che sul pianeta la vita non si trasmette se non con la collaborazione di entrambi i sessi, ma è anche vero che, in questa trasmissione, il ruolo della femmina è maggiore o quanto meno più vistoso e impegnativo. Nella mente dell’uomo preistorico questo “privilegio” dovette apparire quasi magico, coincidere con la percezione di una immensa potenza generatrice universale, superiore alle vicende terrestri, contaminata con poteri ultraterreni, ovvero con il mistero stesso del cosmo. Con l’evolversi delle civiltà umane, era impensabile che questa energia sacrale e semidivina fosse lasciata libera, che non si cercasse di renderla meno …minacciosa. Altrettanto impensabile che potesse essere trasferita agli uomini. Forse, proprio l’esigenza di arginare l’immensa potenza della donna indusse l’uomo a scindere res cogitans e res estensa, le cose del pensiero e le cose della sensazione, la sfera alta e la sfera bassa… Forse fu proprio la paura del Femminile a indurre l‘uomo a inventare la spartizione dei ruoli, appropriandosi della mediazione razionale e lasciando alla donna tutto ciò che razionale non poteva essere.

Ma cosa è “alto” e cosa è “basso”? Cosa è “razionale” e cosa “irrazionale”? Apollineo e dionisiaco sono davvero ciò che ci appaiono? E se agisse una misteriosa e non ancora del tutto compresa razionalità anche nella inquietudine tellurica dell’Indistinto? Potenza non è potere. La confusione gigantesca e un po’ ottusa del femminismo è in una sovrapposizione di piani fra diritti civili e ruolo cosmico: in quanto tale, unico e inalienabile. Se la percezione della potenza femminile ha indotto nei secoli gli uomini a tenere le donne chiuse in casa prive di diritti civili, ne vanno comprese (e compatite) le ragioni storiche, che in epoche diverse corrisponderanno a evoluzioni e a sviluppi diversi. Per fortuna, certo. E anche grazie alle suffragette e alle femministe.

Ma oggi, guadagnati e fatti salvi quei diritti civili grazie a sacrosante battaglie di idee (cito una campionessa per tutte: Simone de Beauvoir), è ormai antistorico e anacronistico continuare a procedere nella stessa direzione, cercare un accanimento antifemminile che di fatto non esiste e non è mai esistito, inventarsi una persecuzione sessuale che di fatto non esiste e non è mai esistita (a proposito: ma chi crede davvero al femminicidio ?), perpetuare l’idea di una presunta contrapposizione sesssista che datempo dovrebbe fatto il suo tempo. Soprattutto è stupido non riconoscere nello sguardo di ogni uomo verso ogni donna il residuo di quella paura atavica verso la potenza del femminile e non provarne una compassione quasi materna e soprattutto transgenerazionale, che attraversi tutte le epoche e che accomuni sotto una specie di tenerezza razionale l’idea dantesca della donna angelicata così come i servizi delle riviste pornografiche.

Se ogni donna accettasse di essere portatrice sana dello spavento originario dell’uomo nei confronti della “maternalità” del caos, pretenderebbe meno parità. Al contrario. Gestirebbe l’unicità di questa sua potenza con la magnanimità del sovrano saggio che non ha bisogno di arroganza per parlare ai suoi sudditi. Soprattutto si concederebbe maggiore delicatezza e intelligenza storica nel farsi persino “usare” come oggetto di piacere, fiera di uno scompenso che solo nella sfera del razionale sarebbe a suo svantaggio. Nelle ombre della notte, nelle regioni attigue all’inconscio, invece, la donna domina e schiaccia: oggi è impossibile non esserne coscienti. E che questo non inorgoglisca nessuna: i due estremi sono Maria che tiene il serpente sotto il piede, e le grottesche eroine sadomaso coi frustini. In entrambi i casi l’indizio non di una parità sempre e ancora da raggiungere, ma di una insopportbile superiorità da rendere accettabile…

Ecco perché non sarò mai femminista. Perché sento nascosta dentro di me, implacabile e vagamente spaventosa, la muta energia della femmina. Che comporta sapienze occulte, contagio col magma e coi temporali, dimestichezza col buio e con Dio, virtù stregonesche, vincoli di seduzione e soprattutto il dramma inesauribile della maternità…. Un mix quasi insostenibile per il povero maschio d’uomo costretto alla trasparenza dalla stessa collocazione esterna dei suoi genitali. Benché bugiardo, lui non può davvero interamente mentire. Benché potente, ha il sesso esposto. La sua fragilità è alla mercè del mondo. La femmina invece ( non nascondiamoci almeno questo!) nasconde e custodisce per costituzione. Per questo è invincibile. Rossella O’Hara docet. E allora: di quali altre armature avremo ormai bisogno?

NB
A proposito della presa in giro della legge sul femminicidio.
E perché non proporre una legge sul femminicidio di donne castane? E’ un ignobile accanimento, nessuno se n’è accorto? guardare le cifre. In Italia le donne castane cadono come mosche, razzisticamente perseguitate in proporzione molto maggiore rispetto alle bionde.