Sarebbe bello se fossero quelli vestiti di stracci che dormono sotto i ponti o al massimo nelle baracche, i migranti che si avventurano in esodi disperati…Sarebbe bello se fossero solo quelli. E se fossero davvero quelli. Poveri di carne e poveri di spirito. Sarebbe comodo se le due miserie coincidessero.
Sarebbe bello se si potesse soddisfarli con quattro soldi, due pasti caldi, l’otto per mille, una parola buona.
E invece i poveri veri sono quelli che si confondono, che non si lasciano riconoscere mai, che non li trovi neppure nelle borgate delle grandi città, che ti sfidano coi loro silenzi e le loro camuffamenti, che non ti suscitano facili pietismi, semmai ti irritano fino a smascherare la tua insofferenza e a provocare la tua aggressività.
I poveri sono quelli che si mimetizzano perfino in mezzo ai ricchi.
I poveri veri, a volte, sono i ricchi.Sarebbe comodo se i poveri fossero una categoria, un gruppo di persone ben catalogabili, riconoscibili dalla puzza, come i vagabondi delle favole (la piccola fiammiferaia, il povero calzolaio, il viandante straccione), se fossero marcabili con un segno distintivo come gli ebrei nei campi. Oggi potremmo santificarli ed esorcizzare il senso di colpa collettivo di una società disumana.
Sarebbe comodo se i poveri fossero disumani, poco più di animali. Voraci come cinghiali, fastidiosi come zanzare, sacrificabili come agnellini. Potremmo difendercene oppure averne pietà senza troppe implicazioni e senza tanti dubbi.
Sarebbe utile non avere dubbi riguardo ai poveri: loro buoni e noi cattivi. Loro candidi e noi impietosi, loro vittime e noi carnefici silenziosi, loro naturali, giusti, ecologici, e noi violenti comunque sbagliati.Sarebbe politicamente corretto se solo i poveri popolassero i nostri incubi e stuzzicassero le nostre cattive coscienze.
Se fossero sempre gli Altri, i poveri. Tutto il male e tutto il bene che non ci appartiene e che non ci assomiglia, che vogliamo tenere alla larga, mettere al bando.
Sarebbe bello se se ne stessero a distanza di sicurezza nei centri di accoglienza e sui sagrati delle chiese, se non fossero pericolosi nel pretendere casa e pane, ma mansueti, assuefatti alla loro condizione e ai loro sporchi ghetti, alle loro folkloristiche riserve, addomesticati al loro destino, incapaci di alzare la voce o tirarci per la manica, ma quieti ed educati in attesa di un nostro gesto, di una nostra presa di coscienza, di una nostra improvvisa illuminazione, pronti ad accontentarsi di quei quattro soldi (una paghetta a settimana, l’obolo della vedova, due monetine al lavavetri al semaforo, purché se ne vada).
Sarebbe meraviglioso se dicessero grazie a chi ha allestito a loro uso e consumo ricoveri, mense e bagni chimici negli eleganti centri cittadini e non facessero mai notare l’implicita condanna di quei crudeli gesti di solidarietà pelosa: che chi è senza casa rimanga senza casa per sempre. Tanto da dover usare per sempre mense e bagni chimici per strada. Rimanga fuori, a delimitare, garantire e a santificare il nostro dentro.
Sarebbe bello se fossero solo loro, i poveri, e non anche i mezzi poveri (o i quasi benestanti), ovvero gli appartenenti alla indefinibile e multiforme classe media, quella piccola borghesia sedotta da un misero benessere appena conquistato e già sfumato, quelli del mutuo per la casa, degli acquisti a rate e in rete, quelli del vorrei ma non posso, del pupazzetto di Murano sopra il televisore, quelli del televisore sempre acceso, quelli della cassa integrazione, o i mezzo-occupati, o i del tutto disoccupati, gli esodati, quelli che la famiglia ha portato a fatica a una laurea e sono costretti a emigrare esattamente come i loro nonni e bisnonni, con la sola differenza che non hanno più le stesse valige di cartone…
Fossero solo loro, a ricordarci che la mala sorte non è mai la nostra, ma sempre di qualcun altro, e che il peggio non è mai morto, perché c’è sempre qualcun altro messo molto peggio di noi.
Per tutto questo, sarebbe davvero perfetto se i poveri ci fossero sempre.Ma non c’è da preoccuparsi, perché davvero i poveri ci saranno sempre. Lo ha detto Gesù e lo pensava anche Marx (altro che riscatto della classe operaia), e questa è l’unica certezza costantemente taciuta e sottintesa, l’unica gloriosa e implicita consolazione per qualsiasi società e civiltà terrestre, per qualsiasi religione e per qualsiasi sistema politico.
E’ la conferma non tanto della crudeltà e dell’egoismo di pochi, della feroce ingiustizia della natura, dell’inevitabilità delle sperequazioni mondiali, quanto la garanzia che i maître à penser, le guide spirituali, i leader politici e perfino i pontefici hanno qualche ragione di esistere nel raccomandarci una solidarietà e una fratellanza quale che sia, anche di facciata, certamente impossibile su questa terra.
Sarebbe bello se si potesse soddisfarli con quattro soldi, due pasti caldi, l’otto per mille, una parola buona.
E invece i poveri veri sono quelli che si confondono, che non si lasciano riconoscere mai, che non li trovi neppure nelle borgate delle grandi città, che ti sfidano coi loro silenzi e le loro camuffamenti, che non ti suscitano facili pietismi, semmai ti irritano fino a smascherare la tua insofferenza e a provocare la tua aggressività.
I poveri sono quelli che si mimetizzano perfino in mezzo ai ricchi.
I poveri veri, a volte, sono i ricchi.Sarebbe comodo se i poveri fossero una categoria, un gruppo di persone ben catalogabili, riconoscibili dalla puzza, come i vagabondi delle favole (la piccola fiammiferaia, il povero calzolaio, il viandante straccione), se fossero marcabili con un segno distintivo come gli ebrei nei campi. Oggi potremmo santificarli ed esorcizzare il senso di colpa collettivo di una società disumana.
Sarebbe comodo se i poveri fossero disumani, poco più di animali. Voraci come cinghiali, fastidiosi come zanzare, sacrificabili come agnellini. Potremmo difendercene oppure averne pietà senza troppe implicazioni e senza tanti dubbi.
Sarebbe utile non avere dubbi riguardo ai poveri: loro buoni e noi cattivi. Loro candidi e noi impietosi, loro vittime e noi carnefici silenziosi, loro naturali, giusti, ecologici, e noi violenti comunque sbagliati.Sarebbe politicamente corretto se solo i poveri popolassero i nostri incubi e stuzzicassero le nostre cattive coscienze.
Se fossero sempre gli Altri, i poveri. Tutto il male e tutto il bene che non ci appartiene e che non ci assomiglia, che vogliamo tenere alla larga, mettere al bando.
Sarebbe bello se se ne stessero a distanza di sicurezza nei centri di accoglienza e sui sagrati delle chiese, se non fossero pericolosi nel pretendere casa e pane, ma mansueti, assuefatti alla loro condizione e ai loro sporchi ghetti, alle loro folkloristiche riserve, addomesticati al loro destino, incapaci di alzare la voce o tirarci per la manica, ma quieti ed educati in attesa di un nostro gesto, di una nostra presa di coscienza, di una nostra improvvisa illuminazione, pronti ad accontentarsi di quei quattro soldi (una paghetta a settimana, l’obolo della vedova, due monetine al lavavetri al semaforo, purché se ne vada).
Sarebbe meraviglioso se dicessero grazie a chi ha allestito a loro uso e consumo ricoveri, mense e bagni chimici negli eleganti centri cittadini e non facessero mai notare l’implicita condanna di quei crudeli gesti di solidarietà pelosa: che chi è senza casa rimanga senza casa per sempre. Tanto da dover usare per sempre mense e bagni chimici per strada. Rimanga fuori, a delimitare, garantire e a santificare il nostro dentro.
Sarebbe bello se fossero solo loro, i poveri, e non anche i mezzi poveri (o i quasi benestanti), ovvero gli appartenenti alla indefinibile e multiforme classe media, quella piccola borghesia sedotta da un misero benessere appena conquistato e già sfumato, quelli del mutuo per la casa, degli acquisti a rate e in rete, quelli del vorrei ma non posso, del pupazzetto di Murano sopra il televisore, quelli del televisore sempre acceso, quelli della cassa integrazione, o i mezzo-occupati, o i del tutto disoccupati, gli esodati, quelli che la famiglia ha portato a fatica a una laurea e sono costretti a emigrare esattamente come i loro nonni e bisnonni, con la sola differenza che non hanno più le stesse valige di cartone…
Fossero solo loro, a ricordarci che la mala sorte non è mai la nostra, ma sempre di qualcun altro, e che il peggio non è mai morto, perché c’è sempre qualcun altro messo molto peggio di noi.
Per tutto questo, sarebbe davvero perfetto se i poveri ci fossero sempre.Ma non c’è da preoccuparsi, perché davvero i poveri ci saranno sempre. Lo ha detto Gesù e lo pensava anche Marx (altro che riscatto della classe operaia), e questa è l’unica certezza costantemente taciuta e sottintesa, l’unica gloriosa e implicita consolazione per qualsiasi società e civiltà terrestre, per qualsiasi religione e per qualsiasi sistema politico.
E’ la conferma non tanto della crudeltà e dell’egoismo di pochi, della feroce ingiustizia della natura, dell’inevitabilità delle sperequazioni mondiali, quanto la garanzia che i maître à penser, le guide spirituali, i leader politici e perfino i pontefici hanno qualche ragione di esistere nel raccomandarci una solidarietà e una fratellanza quale che sia, anche di facciata, certamente impossibile su questa terra.
Sì: che i poveri ci siano sempre.
A giustificare la nostra indifferenza e le nostre articolate ipocrisie.
(Continua)
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15 gennaio 2022