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CIAO, STELIO

Figlia di fumettaro, non mi azzardo a parlare di fumetti. (E poi io leggevo soltanto Topolino). Di fumettari sì, posso parlare. O di fumettisti, come si preferisce. Di Stelio Fenzo gli specialisti sanno tutto. O quasi. Che è morto stanotte a 89 anni, che disegnava e lavorava da quando ne aveva 14, che aveva avuto esperienze e collaborazioni internazionali fedele alla sua anima veneziana aperta al mondo, agli incontri più disparati. Che aveva lavorato per tante testate, anche molto diverse tra loro. Non sanno però forse la dolcezza di quest’uomo, la sua curiosità, la sua fedeltà ai sentimenti, alla  famiglia, all’amicizia.

Io lo incontrai per la prima volta da bambina in occasione di un viaggio con i miei, quando Stelio, da poco sposato con Loredana, viveva a Venezia Lido e io non sapevo distinguere il suo nome dal suo cognome (pensavo che Fenzo fosse una variante di Renzo, e del resto non avevo mai conosciuto nessuno Stelio, quel nome mi faceva pensare allo stelo di un fiore e infatti lui mi folgorò come un uomo profumato e gentile, una specie di poeta, affiancato da una donna bellissima: nella loro casa sentivo il verso dei gabbiani che volavano piatti piatti sul mare).

L’ho reincontrato la prima volta da adulta, molti anni dopo la morte di mio padre, e ho sperimentato appunto il valore incrollabile che Stelio dava all’amicizia, se è vero che trasferì naturalmente in me, quel sentimento che, a dispetto degli anni passati dalla sua morte, ancora nutriva per mio padre. Ci vedemmo non spesso, nel 2012 a Mestre, dove viveva da anni e dove organizzò con entusiasmo una mostra di alcune opere di mio padre, poi nel 2014 a Venezia dove mi accompagnò in giro per le calli raccontandomi i segreti della sua città, poi ancora a Roma… Ma vedersi spesso non mi serviva per provare quella deliziosa sensazione di essere considerata di famiglia, per sentire che mi voleva bene. E come lui, Loredana. Affetti ricambiati, parentele indissolubili.

Sono dunque grata a Stelio per quella mostra dedicata a mio padre con tanto ardore e tanta devozione, sono fiera di averlo incoraggiato a tirare fuori dai cassetti il suo Cyrano, felicemente pubblicato dalle Edizioni Voilier nel 2013. E infine sono gelosa del tesoro che conservo: nell’archivio di mio padre ho ritrovato le tante, tenerissime lettere che il giovane Fenzo scriveva al più vecchio De Luca da Venezia a Roma, a partire dagli ultimi anni quaranta, esprimendogli affetto, ammirazione e gratitudine per averlo presentato alla redazione de “Il Vittorioso” e averlo gratificato con l’osservazione attenta dei suoi lavori, con suggerimenti e consigli. Lettere che svelano un mondo: piccole sequenze cinematografiche su incontri, fatterelli, abitudini, persone, progetti, insomma su una stagione d’oro del dopoguerra, piena di entusiasmi, di semplicità e di creatività. E che confermano tanto di un’amicizia: non solo nell’affettuoso slancio di Stelio a scrivere così spesso, ma anche nella religiosità di mio padre di conservare, ancora a distanza di tanti anni, tutte quelle lettere.

Negli ultimi tempi la mano di Stelio non poteva più reggere la matita, purtroppo. La peggiore punizione per un disegnatore. Solo per questo si era rattristato e offuscato. Ma alle sue nipotine ha fatto in tempo a insegnare a disegnare. E se disegnare è guardare, Ginevra e Carolina oggi guardano il mondo con gli occhi di Stelio. E dunque, è come se Stelio, coi suoi occhi teneri e sorridenti, continuasse a guardarci. Parentele indissolubili che non si interrompono, affetti che maturano, sempre più intensi. Stelio, ti vorrò sempre bene. Ci vorremo sempre bene.

 

8 aprile 2022