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MA QUALE FINE-VITA

Eutanasia legale, fine vita, suicidio assistito. Ci avete fatto caso? Non compare mai la parola “morte”. Eppure non si parla d’altro, in fondo. La grande protagonista è solo lei, la morte. In effetti quasi mai, nei nostri discorsi, compare la parola “morte”. Tanto meno ai funerali. “Se ne è andato”, “ci ha lasciati”, “è scomparso” … Eccetera. Ipocrisie. Ma che ci vuole a pronunciarla? Coraggio. Proviamoci, è salutare. E non per improbabili riti apotropaici, non per scaramanzia capovolta, non per spavalderia, non per coerenza linguistica, non per esercizio di coraggio, piuttosto per addestramento al senso del limite.

Il limite, il grande assente. E’ sparito il limite. E’ morto il limite. Lui sì. La scienza, la tecnologia, la psicoanalisi, la liberazione dei costumi, internet, la globalizzazione, il politically correct, la società fluida, perfino l’ecologia ci hanno privati del senso del limite. Siamo tutti figli o nipoti di quell’antico “vietato vietare” che ha ottusamente ingigantito la pretesa di libertà di tutta una generazione e anche di quelle a seguire. E in nome della mancanza del senso del limite (o del diritto a un abusato senso di libertà), si rivendica il diritto di scelta sulla propria morte. E non basta. Lo si rivendica su un piano legale. Grottesco. Non ci interessa cioè benedire giuridicamente chi si butta da un ponte, si spara un colpo, ingoia l’acido o rifiuta l’accanimento terapeutico,  non basta cioè depenalizzare il suicidio o che la chiesa permetta di celebrare le esequie di chi si è tolto la vita, ma si pretende di garantire tale diritto a tutti coloro che, desiderando di morire, non siano in condizione di potersi procurare la morte da soli, in quanto troppo fragili, troppo impotenti o troppo malati, ma che siano in compenso  perfettamente in grado di manifestare questo desiderio. E così il medico, che in base al giuramento di Ippocrate, deve tutelare sempre e comunque la vita, anche in questo caso dovrebbe adoperarsi per procurare la morte. (Sai che scandalo, non sarebbe mica la prima volta).

Ed ecco che la vecchia eutanasia sfuma nel suicidio assistito: un tecnicismo in più, un pezzetto di garantismo in più per questa umanità definitivamente orfana del senso del limite. Depenalizziamo il reato dell’omicidio del consenziente, propongono i referendari. No, risponde la consulta. In tal modo non sarebbe tutelata la vita delle persone più deboli e vulnerabili. A me sembra un dialogo tra sordi. Non è proprio per garantire il diritto a morire delle persone deboli e vulnerabili che sono scesi in campo i referendari? Ma oltre a questo: da parte dei giudici ancora e sempre l’argomento della tutela della vita come valore in sé? Ancora queste eredità di sacrestia? (Con tutto il rispetto che personalmente nutro per tutte le forme di vita, umane e non solo, in potenza e in atto).

Il problema non è se in cima mettiamo la vita come la intendono i preti o al contrario la libertà assoluta, non è cioè il conflitto tra i difensori della vita sacra in quanto dono di Dio e i garanti del diritto a una vita laica dignitosa, ovvero senza sofferenza. Il problema non è neppure la splendida visione dei Guerrieri della Libertà Totale descritti da Carlos Castaneda  nel suo libro Il fuoco dal profondo (“I Guerrieri della Libertà Totale scelgono il momento e il modo della propria dipartita dal mondo. nel momento prescelto si consumano in un Fuoco dal Profondo e scompaiono dalla faccia della terra, liberi, come se non fossero mai esistiti”). Il problema semmai è pretendere di “legificare” su questioni esistenziali, intime, umane, impalpabili, e in questo davvero sacre. Questa è la vera perversione : “numerificare” l’intangibile. Vi ricordate le tre Parche? La prima filava il filo della vita, la seconda dispensava i destini, la terza, l’inesorabile, tagliava il filo al momento stabilito. Quello che trovo terribile è il fatto che l’assenza del senso limite ci porti oggi a sostituirci a quella terza Parca, la depositaria del limite. Non è forse vero che ci stiamo colpevolizzando perché la nostra smania illimitata di potenza, di ricchezza, di dominio, di sopraffazione ci ha portati a violentare la natura, a farne una nostra serva, invece che sentirci noi umilmente a suo servizio, rispettosa parte di essa? E pretendere di tagliare noi il filo, e soprattutto di assolutizzare questo diritto, impossessandoci noi della nostra (nonché della altrui) morte non è forse un’altra violenza proprio contro la natura ? O ci sono due pesi e due misure? Pretendere di respingere la sofferenza non è forse un’altra violenza? Tutta la natura soffre! Dall’inizio dei tempi. Soffre per evolvere, per rinascere. Eliminare la sofferenza è davvero un diritto, un gesto ecologico o pietoso, un atto dovuto senza conseguenze? Non è forse per eliminare in un certo senso la “sofferenza” della propria presunta povertà (in realtà per soddisfare la propria “laica” cupidigia) che imprese senza scrupoli hanno disboscato il pianeta, modificato il corso dei fiumi etc? Un po’ meno guadagno (un po’ più sacrificio, un po’ più sofferenza) avrebbe protetto il pianeta da esiti oggi quasi irreparabili.

Torno alla parola “morte”: proviamo a pronunciarla, senza paura. Due sole sillabe, che potranno aiutarci a digerire l’indigeribile. L’etimologia ci riporta a un antico suono sanscrito che vuol dire “consumazione”. La morte è vita consumata. Ma la realtà è che la vita, pur consumandosi, non muore. E lo dice un’agnostica. La morte sì, muore continuamente. Tra le due, è la vita la vera bastarda, la vera irriducibile, ma non senza prezzo. Bisogna accettarlo. Se chiedessimo ai nascituro di scegliere fra soffrire e non soffrire, chi verrebbe più al mondo? E’ la vita l’inesorabile, quella che spinge l’erba su dalla crepa dell’asfalto, che dopo Chernobyl fa nascere creature deformi, che inventa le varianti del Covid, che va avanti e resiste a dispetto delle indicibili sofferenze di tutte le creature, dai dinosauri agli uomini. E allora chi siamo noi per decidere di spezzare il filo? Ma quale legge sul fine-vita. Dice Cappato: Non ci resta che la disobbedienza civile. A me sembra disobbedienza incivile. Presuntuosi, arroganti, anti-ecologici nonostante tante chiacchiere e ancora e sempre con la pretesa di essere al centro dell’universo. Sembra strano, ma nel terzo millennio, la rivoluzione copernicana ancora non ci ha fatti convinti.

 

19 febbraio 2022