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OGGETTI SMARRITI

 

Questo libro nasce da un mio disturbo ossessivo-compulsivo: il cosiddetto rituale di accumulo. Sono incapace di disfarmi di oggetti vecchi e inutili. Detto all’inverso: ho una straordinaria capacità di conservazione. Un male parecchio diffuso. Probabilmente nei suoi aspetti positivi il disturbo è ciò che caratterizza anche i bibliotecari e i direttori museali. E così il libro è un piccolo museo portatile di quegli oggetti del novecento ormai estinti: il gettone del telefono, la camicia plissettata, la saponetta (sostituita dall’anonimo dispenser di sapone liquido), la lampada ad acetilene, l’aquilone…

L’intenzione era rendere un omaggio a mia madre, Giuliana De Luca Belli, e a tutte quelle anonime madri di famiglia come lei (in genere meste e pazienti massaie, che erano adolescenti durante la guerra) di cui non rimarrà traccia se non nella quotidianità di un paio di generazioni. Ma è proprio nelle giornate comuni di queste donne semplici che certi oggetti smarriti del secolo scorso hanno avuto un ruolo da protagonisti, hanno potuto testimoniare l’evolversi dei gusti, delle mode, dei bisogni della gente. Non volevo apparire nostalgica, legata a quella qualunquistica preferenza per i “bei tempi andati”, ma concretizzare un bisogno di catalogazione di questi amorosi cimeli destinati a scomparire anche dalla nostra memoria. L’illusione era un po’ quella di conservare, col ricordo degli oggetti, il ricordo dei gesti ad essi legati, ovvero delle persone che li hanno posseduti.

Nel libro ci sono alcune incursioni di voci astratte, catalogate provocatoriamente accanto a cose concrete: “giovinezza”, ad esempio. Questo è anche il mio primo libro illustrato. Una caratteristica che dovrebbe avvicinarlo, nelle intenzioni, ad un vero catalogo museale. Esce nel 2001 con Luciano Simonelli.