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PERCHE’ CI PIACEVA TANTO STAR TREK

Perché era una fantascienza ingenua, ma non troppo. Non così ingenua come quella primissima fantascienza in bianco e nero degli anni cinquanta, ma più pensata, impregnata di garbate motivazioni intellettuali ed etiche, con l’ombra dei timori della guerra fredda che aleggiava negli scontri tra la Federazone dei Pianeti Uniti e i cattivi Klingon e tuttavia pervasa da quel sano ottimismo da boom economico, dall’entusiasmo per le prime conquiste spaziali, quando si sognava di poter passeggiare per l’universo comodamente abbigliati in tute come pigiami.

Ma soprattutto ci piaceva tanto per quella dialettica quasi amorosa tra loro due: l’intrepido, smaliziato capitano James Kirk e il suo primo ufficiale scientifico signor Spock: Ulisse e il suo angelo sapiente. Due agli antipodi: gli slanci e le intuizioni dell’uno, la freddezza malcelata e i ragionamenti dell’altro. Gli entusiasmi sfrenati e la ritrosia pudica, il sorriso ammaliatore e la maschera imperturbabile, il terrestre e l’alieno. Kirk  guascone, cordiale, invincibile, a volte disinvoltamente incurante delle regole, Spock misteriosamente affascinante, di poche parole e severamente autodisciplinato. In tutto perfettamente complementari, speculari, complici ed entrambi pronti al sacrificio estremo.

Ci piaceva tanto la serie di Star Trek anche perché fu tra i primi prodotti fantascientifici a permetterci di immaginare azzardi spazio-temporali, fusioni mentali, smaterializzazioni e conversioni dalla morte alla vita. Nonostante quelle futili apparenze, uno scanzonato addestramento alla dimensione spirituale, al coraggio di andare oltre ciò che vediamo qui e ora. E il tutto sempre nello spirito di gruppo e di squadra, dove ogni membro dell’equipaggio lavora per tutti, nella costante e leale attenzione ai bisogni dell’altro.

E ci piaceva tanto la serie di Star Trek perché fu forse il primo, elegante esercizio di rispetto e di amore per il cosiddetto diverso –ma non lo sapevamo- , che non basta uniformare ai nostri schemi, egualizzandolo o mimetizzandolo in una falsa e omologata  “normalità”, ma che va apprezzato e perfino amato precisamente in quanto tale: alieno. Certo, amare un diverso come il vulcaniano Spock dalle orecchie a punta era facilissimo: un personaggio costruito con grande sapienza, in bilico tra ironia e valori indiscutibili quali lealtà, virtù, coraggio, amore per la conoscenza e capacità di controllare quasi sempre le proprie emozioni.

Personalmente amavo e amo il personaggio di Spock proprio per quel “quasi”: per il suo autocontrollo che a sorpresa lasciava invece trapelare emozioni e sentimenti delicati. Tenerissima sfumatura in una figura apparentemente così monolitica, e tanto più amabile quanto più capace di tradire a tratti le proprie fragilità. Conosco qualcuno così, che si impegna -invano- ad apparire freddo. Ma quanto può emozionare chi cerca di far tacere inutilmente le proprie emozioni… 😉

E l’ho amato e lo amo perché,  fedelissimo al suo capitano, gli stava sempre alle spalle e un passo indietro. Questo angelo alieno, protettivo e razionale era ed è la presenza che forse ciascuno di noi desidererebbe poter invocare ogni giorno, anche senza le responabilità di un equipaggio e di una grande astronave. Una guida lucida e discreta, una riserva di certezze e di fiducia nelle nostre stesse forze, sempre sui nostri passi, pronta a raddrizzarci la rotta, a sostenerci se cadiamo, a sorreggerci se ci tremano le gambe, ad aiutarci guardare in faccia le nostre paure.

E l’ho amato e lo amo perché provo anche io alle volte a sentirmi Spock: alle spalle e un passo indietro rispetto a qualcun altro, a vegliare sulle sue difficoltà e sulle sue incertezze, a controllare le mie emozioni. Non sono sicura di riuscire sempre, ma a mio discolpa mi ricordo che purtroppo non ho (ancora) le orecchie a punta.

Lode pertanto a quel Gene Roddenberry ideatore della serie ancora e sempre godibilissima, ai due meravigliosi attori principali William Shatner (Kirk) e Leonard Nimoy (Spock) , di cui si narrano gesta ed aneddoti nel bel libro che lo stesso Shatner ha voluto dedicare al suo amato compagno di lavoro un anno dopo la sua morte, avvenuta nel 2015: LEONARD. La mia cinquantennale amicizia con un grande uomo. Grazie a tutti loro per le emozioni e le lezioni che ci hanno trasmesso. In fondo, ognuno di noi ha un’Enterprise da guidare, anche se non destinata ad attraversare spazi siderali.

3 luglio 2022