Fu la dottoressa Patrizia Cipolletta della cattedra di Filosofia Morale della Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre ad invitarmi alla redazione di un paio di articoli sul tema della percezione, nell’ambito di un convegno di studio della sua Facoltà.
Colsi l’occasione per addentrarmi nell’affascinante universo dei cinque sensi, riguardo ai quali iniziavo a meditare un’opera più ampia. Difatti questa riflessione avrà un seguito piuttosto lungo e in più di un progetto. Dopo il saggio iniziale Strana storia di una sordità, dedicato all’udito, fece seguito Elogio della tenerezza sul tema del tatto, e quindi gli altri tre. L’ordine è dato dalle mie personali “preferenze” percettive: perderei più volentieri la vista rispetto all’udito o al tatto, i sensi primari della comunicazione, veri antidoti al solipsismo.
In particolare, in Strana storia di una sordità comincia ad emergere la rielaborazione interiore dell’evento spartiacque della mia vita: il sequestro Moro, del quale fui testimone “acustica”, e che sarà sviluppato in due distinti romanzi. Qui i riferimenti all’evento sono ancora in terza persona.