Li abbiamo visti scappare. Quelle processioni di gente disperata, con un bagaglio improvvisato, i bambini in collo, imbacuccati alla meno peggio nel freddo inverno della loro terra. E le file dei richiedenti asilo che si ingrossano: non più solo dalla chiacchierata Africa, ma anche dalla “nostra” Europa. Gente costretta da un giorno all’altro a viaggi improvvisati, destinazione incerta: su auto, pullman, camion, vagoni, mezzi di fortuna, su quello che si trova. Stremati in mezzo alla neve. Lasciando le loro case in preda a sciacalli senza scrupoli pur di abbandonare le città assediate, bombardate, pur di salvare la vita.
Ma poi abbiamo visto altri tornare. Sulle stesse strade, imbacuccati allo stesso modo. Sì, tornare. Sono quelli che se ne stavano al sicuro in paesi finora tranquilli, che erano emigrati già da tempo in Polonia, Germania, Italia. Giovani, per lo più. Anche loro con un bagaglio improvvisato, su mezzi di fortuna: mettersi in viaggio ma “in direzione ostinata e contraria”. Come i salmoni. Per tornare a casa e iniziare a lottare per il proprio paese aggredito.
Sì, a volte tornano. “Tornare”, che strano verbo. Richiama il tornio, l’attrezzo che gira, e che, girando girando, permette di plasmare oggetti, di crearli quasi dal nulla. Tornando indietro, sui propri passi, alcuni ucraini stanno provando a inventarsi una resistenza, e in questo modo a costruire un futuro. Il futuro: l’oggetto più ricercato e pregiato nel loro paese, in questo momento. E non solo nel loro paese.
Ma non tornano indietro solo gli ucraini. Anche i teorici dell’antisovranismo sembrano ripensarci. Anche i censori della parola “patria” stanno riscoprendo, pare, la bellezza di sventolare una bandiera, o almeno di sostenere chi sventola la propria, in nome di un diritto elementare negato, quello all’autodeterminazione, e, prima ancora, all’identità nazionale.
E tornano indietro pure all’università Bicocca di Milano, per fortuna, dove in un eccesso di zelo pro-Ucraina qualcuno decide di rinviare un corso sul russo Dostojevskij “per evitare ogni forma di polemica in un momento di forte tensione”. Cancel Culture? E proprio su quel Dostojevskij condannato a morte come sovversivo dalla grande Russia e poi miracolosamente graziato? Tagliente e inevitabile il commento del docente e scrittore Paolo Nori: “Oggi, essere russo è una colpa. Essere un russo vivo e anche essere un russo morto”. Ma per fortuna ci ripensano, appunto. Non ci ripensa invece Paolo Nori, che rinuncia definitivamente all’incarico, scoraggiato dalla follia del rinvio e, più ancora, dal dietro front e dalla soluzione proposta: affiancare alle lezioni sullo scrittore russo, analoghe lezioni su uno scrittore ucraino. Alla par condicio forzata il professore dice no, con una inoppugnabile motivazione “professorale”: sugli scrittori ucraini non è abbastanza preparato. Cercassero qualcun altro.
?Ma non fa forse il paio, questa ridicola censura accademica, con l’esclusione della Russia dall’Eurovision Song Contest e dai prossimi Mondiali di calcio, con l’epulsione del direttore d’orchestra Valery Gergiev dalla Filarmonica di Monaco, con la sospensione dell’opera che avrebbe dovuto dirigere alla Scala di Milano, con analogo trattamento nei confronti della soprano russa Anna Netrebko? Non eravamo noi gli orgogliosi “figli” della cultura classica greco-romana che inventò le Olimpiadi e che in onore di quei giochi sospendeva tutte le guerre?
Oggi, 3 marzo, Roberto Bolle ha terminato la sua esibizione all’Expo di Dubai abbracciando la collega ucraina Iana Salenko, anche lei avvolta nella bandiera del proprio paese, esponendo il cartello “Pace”. “L’arte deve unire, non dividere” ha detto il danzatore italiano. Parole semplici di un artista che fa quel che può. Ma l’arte unisce solo in alcuni casi? Ci unisce solo con chi ci è simpatico? E che colpa hanno i russi della follia del loro leader? Ci sono bombe che sfondano palazzi e bombe meno rumorose che annientano valori, onori, reputazioni, nomi, dignità professionali, artistiche o anche semplicemente umane. La censura per definizione vorrebbe passare inosservata, perché tappa bocche e cancella pensieri. Facciamo di tutto per accorgerci sempre e comunque della censura, anche quando saremmo tentati dal considerarla giusta. E in quel caso, anche noi, torniamo indietro.
E qualcun altro, soprattutto, tornasse indietro, che forse è ancora in tempo.
3 marzo 2022