Non credo nel futuro dell’umanità, non ho molte speranze. Anche la fisica incoraggia letture non ottimistiche sugli sviluppi della storia umana. Il calore fluisce sempre da un corpo più caldo a uno meno caldo e mai in direzione contraria. Ce lo ricorda il secondo principio della termodinamica. Avviene in tutto l’universo, con un progressivo aumento dell’entropia, misura del disordine. Ogni trasferimento di energia incoraggia alterazioni dell’equilibrio e dunque un passo in più verso il decadimento, quando tutto sarà in un equilibrio fermo, e nessuna trasformazione sarà più possibile.
Perché l’umanità dovrebbe sfuggire a questa legge cosmica? Già oggi intravediamo la paralisi, il collasso di tante spinte contrastanti e pur positive, pur generate nelle migliori intenzioni. Come se tutti i nostri sforzi si auto annullassero, confluendo in quel punto finale che i fisici chiamano la morte fredda dell’universo.
Ma il mio non vuol essere narcisismo ateo-apocalittico.
Eppure, rispetto ai corpi e ai sistemi della fisica, gli umani contengono una misteriosa variabile, l’insondabile aggiunta di emozione, speranza, bellezza. In una parola l’Incalcolabile. In questo credo, perché lo sperimento ogni giorno, perché mi emoziono ogni giorno. La Cappella Sistina e i Pink Floyd, il Partenone e la Fenomenologia dello Spirito, Jules Verne e Strauss, 2001 Odissea nello Spazio e Petrarca… Eccetera. Qualcosa che forse sfuggirà al decadimento inevitabile, che lo ritarderà magari per qualche istante, offrendoci, da secoli e nei secoli, sporadiche occasioni di intuire altro, di salire in alto. Materia oppure energia? Entrambe.
La nostra vita, pur nel tessuto di orrori che conosciamo, è questo nodo di stranezza e di calcolo, di previsione e di sorpresa, di concreto e di astratto, di condanna e di redenzione, di estrema distanza e di intimità. La musica non possiamo toccarla, eppure senza una cosa che risuona, la musica non esiste. Senza un corpo che ci attrae, l’amore non nasce. Eppure, possiamo sperimentarlo anche se l’amato ci ha voltato le spalle e si è esiliato in un eremo.
Non riesco, anche volendo, a credere nel riscatto finale dell’umanità, ma sono certa che ci pervade questo mistero dalla destinazione incerta, vago promemoria di eternità incarnato nel tempo. Un giorno ci sarà solo musica, mi disse una volta qualcuno. A questo credo. Quando il rumore del male si rivelerà superfluo, ci rimarrà solo di riconoscerci come note sul pentagramma. Separate da un muro di energia, ma legate dal silenzio e nel silenzio. Sì, a questo credo.
7 luglio 2022