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LA NOTIZIA PERFETTA

Undici settembre duemilauno: e chi se la dimentica questa data. Difficile trovare adulti o bambini che non ricordino che cosa facessero quel pomeriggio in Italia, quella mattina in America. Chi guardava un cartone animato, chi beveva un cappuccino, chi era alla cassa del supermercato, chi festeggiava il compleanno… Quattro attentati definiti i più gravi dell’età contemporanea. Ma che cosa stabilisce la gradazione della gravità di un attentato? Il punto di vista. Dal cuore del mondo occidentale la spettacolarità dell’atto decise il suo primato di nefandezza. Eppure, dicemmo allora e ripetiamo spesso, dovremmo ricordare attentati molto meno “vistosi”, compiuti in luoghi molto meno simbolici, spesso anche ai danni di un numero molto maggiore di persone.  Ma quasi mai è così.

Secondo il Global Terrorism Index, nel 2021 oltre 7.100 persone sono morte in attentati terroristici sparsi per il mondo. L’Afghanistan è il paese più colpito, seguito da Iraq e Somalia. ( Guarda caso, proprio quell’Afghanistan dove, all’indomani dell’11 settembre, gli Stati Uniti aprirono la stagione della guerra al terrorismo per deporre il regime dei Talebani, neutralizzare al-Qaida e catturare Osama Bin Laden, che si sarebbe presto dichiarato responsabile dei “grandiosi” attentati del 2001.) Tutti dovremmo ricordare il tragico agosto dell’anno scorso a Kabul, durante i giorni della partenza dei militari occidentali e l’evacuazione dei civili che avevano collaborato con la coalizione internazionale: una bomba piazzata dagli estremisti tra la folla ammassata nei pressi dell’aeroporto provocò la morte di 170 persone e il ferimento di altre 200. (Per non parlare dei tanti bambini affidati da genitori straziati a sconosciuti militari stranieri, che li portasero via da un paese- polveriera). Ma a questo punto c’è sempre chi brandisce la calcolatrice: che sono 170 morti afghani (peraltro vittime di loro stessi) a fronte del quasi 3000 morti statunitensi? A parte il fatto che sarebbe da discutere se quei morti afghani siano davvero vittime di loro stessi, non è inumano e meschino stabilire una graduatoria di gravità basata sul conto delle vittime? Non significa equiparare le persone e le loro storie a merci da vendersi a peso?

E invece, sono sempre la vicinanza e la notorietà del luogo o dei protagonisti di un fatto, la sua eccezionalità e anche il numero delle persone coinvolte a fare la notizia: è una delle primissime e basilari nozioni del giornalismo, che si appoggia su un meccanismo molto primitivo, ovvero l’infiammabilità delle emozioni umane. Tremila morti fanno molta più impressione di cento. Si dice che ogni notizia è una cattiva notizia. Il bene o la tranquilla routine quotidiana non interessano nessuno: per questo ogni telegiornale è necessariamente una quasi ininterrotta sequela di sciagure. il male crea attenzione ergo produce reddito, ovvero alimenta il mercato. Una dinamica elementare che rispecchia alla perfezione la spietatezza del capitalismo, e che Osama Bin Laden e compagni avevano fotografato e compreso molto bene, producendo esattamente, a beneficio di tutti noi, la notizia perfetta. Inutile negarlo: le redazioni di tutto il mondo entrarono in “felice” fibrillazione alla caduta delle torri: della visibilità degli attentati beneficiarono i telegiornali che ebbero un eccezionale momento di gloria. Impossibile non dar conto di quell’orrore  (non approfittarne mediaticamente), eppure proprio quell’orrore centuplicato dalle telecamere diede ragione agli attentatori: il mondo occidentale, incarnazione perversa del capitalismo, si condanna alla propria auto-estinzione nel momento preciso della propria auto-celebrazione. I simboli del potere economico mangiano se stessi e si auto benedicono con la propagazione di quello stesso orrore di cui sono vittime ma pur sempre protagonsiti. Il prezzo della crescita incontrollata è la morte: vale per gli organismi, per gli individui, per gli stati e anche per i sistemi di stati. Un destino crudele di cui dovremmo mantenerci consapevoli per non perpetuare e amplificare errori e orrori del passato. La decrescita felice sarà anche una favola ingenua, ma meglio continuare ogni tanto a raccontarcela.

 

11 settembre 2022

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