Ho pianto come tutti per la piccola grande Giulia. Da madre, da ex ragazza, da ex studentessa universitaria, da madre di ragazza, da madre di ex studentessa universitaria. Da essere umano. Ho pianto, come tutti. E ora assisto al lavacro delle coscienze che porta noi tutti a dire di tutto.
Il pensiero più diffuso: bisogna educare i nostri ragazzi ai “no”. Scoperta dell’acqua calda. Lo espone con convinzione anche chi qualche anno fa asseriva che tutto dovesse essere permesso (“vietato vietare” e simili dogmi laici).
Il rimedio più immediato: emanare una legge contro la violenza di genere. Non insisto sul concetto “violenza di genere” (che vorrei qualcuno mi spiegasse una volta per tutte, insieme alla parola “femminicidio”), ma sulla suprema funzione catartica attribuita all’ennesima legge, che dovrebbe miracolosamente scoraggiare i potenziali killer. Neppure il quinto comandamento – emanato da Dio in persona – ha potuto fermare nei secoli guerre, omicidi, accoltellamenti, strangolamenti, aggressioni, efferati delitti e bombe nucleari. Le leggi degli uomini esistono solo per cercare di fare ordine nelle società, non certo per eliminare il male dal cuore dell’uomo. Purtroppo.
E allora ecco chi invoca la scuola, la sensibilizzazione delle famiglie. Istituiamo percorsi di educazione al rispetto dell’altro, all’affettività sana etc. Come se già non esistessero corsi di educazione sessuale, lezioni di educazione civica, catechismi, percorsi psicoterapici, consultori, confessioni, psicodrammi collettivi, la posta del cuore etc etc etc etc. Gli strumenti li avremmo. Quello che ci manca è qualcos’altro. E io francamente non lo so più che cos’è questo qualcos’altro. Ma non mi sembra sia molto diverso da ciò che è sempre mancato al genere umano. La differenza è che ora tutto ci viene sbattuto in faccia con il perverso orgoglio dei sedicenti custodi della morale.
Uno di questi custodi ha perfino proposto di multare chi fa un fischio a una bella ragazza per strada, di rendere reato uno sguardo o un complimento esplicito. Si chiama “catcalling”. Da qui in poi, chissà quanta letteratura e quanto cinema, dovremmo epurare, mettere all’indice. (Vedi sopra Poveri ma belli, Dino Risi, 1957). Dando l’addio al vecchio latin lover o all’innocuo Casanova di periferia ritenuto oggi un potenziale assassino.
Dopo ogni rivoluzione segue il terrore, la caccia alla streghe. Dopo la rivoluzione sessuale, noi siamo adesso precisamente nel tempo dei roghi, mentre fuori infuria la tenebra più oscura. Qualcuno ha perfino detto: “mi vergogno di essere un maschio”. Da donna, detesto i vecchi “machi” bodybuilders gonfiati di ormoni, ma mi fanno orrore anche gli attuali autocastrati di facciata, obbligati a mascherare i propri istinti sani, ad arrossire delle proprie erezioni. Che l’omicidio di genere non si capovolga adesso contro il “povero sesso forte”, costretto a colpevolizzarsi per secoli di presunto patriarcato.
E allora, piuttosto che rendere reato un complimento stradale a una donna, preferirei una legge, stavolta sì, che obbligasse noi donne a fischiare per strada gli uomini attarenti. O ritenuti tali. Sarebbe così raggiunta la tanto agognata parità? Sarebbero dunque così finalmente finiti secoli di cultura maschilista?
Nel moltiplicarsi delle follie del momento, questa se non altro potrebbe farci tornare per un attimo coi piedi per terra. Autorizzandoci, se non ci fosse da piangere, a ridere. Amaramente.
21 novembre 2023
Antonella Crocetti
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