Per ascoltare invece di leggere:
La parola “infinito”. Appena la senti a che pensi? All’universo, no? Etimologia facile: infinito, cioè non finito, non limitato, ma immenso. Tutto ciò che per la nostra intelligenza non ha fine, o meglio di cui non riusciamo a vedere la fine. Ma magari invece ce l’ha una fine, un traguardo, un muro, un posto di frontiera. Poco importa: questa frontiera si troverà comunque talmente distante dalla nostra percezione, che, essendo l’universo talmente grande, è esattamente come se non ci fosse. Infinito, ovvero inaccessibile dalla nostra limitata capacità di comprensione. Per definizione inafferrabile, distante. E dunque come senza misura.
Ma la parola “infinito” è bifronte, in un certo senso. Si può anche leggere al contrario e farle mutare del tutto il suo significato, attribuendogliene uno meno severo. In-finito: non completato. Non compiuto. Lasciato a metà. Richiedente ancora il nostro intervento. Una torta estratta dal forno troppo presto, prima che lievitasse, per esempio. Un libro giallo interrotto prima di scoprire chi è l’assassino. Una casa lasciata a metà: non costruita oppure non restaurata in tempo per soddisfare un’esigenza, un desiderio, una promessa. Peccato.
Che meraviglia però questa variante di “infinito”: mentre il primo ci resta per definizione inespugnabile, arcigno e lontano, concluso in se stesso benché teoricamente apertissimo, questo secondo infinito è molto più amichevole e umano. Allude a una possibilità, lascia aperta la porta a una soluzione, a una conclusione, a una riparazione, suggerendo nello stesso tempo che anche la parola “fine” è meno definitiva e crudele di quanto sembri. Se a qualcosa manca ancora una fine, vuol dire che possiamo ancora e sempre inventarcela, che siamo sempre ancora al lavoro per perfezionare l’imperfetto, per rimediare, per permettere ad Achille di raggiungere la tartaruga, prima o poi, per fare il regalo “giusto” a chi amiamo, gradito quanto basta, non invadente, che non crei un obbligo e che non diventi una prigione, e che soprattutto c’è ancora e sempre tempo per dire grazie.
In-finito. Non compiuto. C’è ancora tutta una storia da scrivere, tutto un fiume da attraversare. Perché siamo umani, padri e figli, madri e figlie. Imperfetti, ma comunque capaci di speranza. Va bene così.
16 maggio 2024