Per ascoltare invece di leggere:
Dormono le cime dei monti, dormono le valli, le famiglie dei rettili nella nera terra. Dorme la belva e la stirpe delle api, i mostri negli abissi del rosso mare, gli uccelli dalle lunghe ali…
Chi ha frequentato il liceo classico non po’ non ricordare questi squisiti versi di Alcmane, poeta greco vissuto nel VII secolo avanti Cristo. Una splendida panoramica su quel silenzio assoluto e definitivo che avvolge tutte le cose nel cuore della notte, quando chi veglia rischia di sentirsi l’ultimo sopravvissuto sul pianeta terra. E insieme, un promemoria sul destino comune di tutti i viventi, che di notte finiscono per assomigliarsi, nel bisogno naturale di “tramontare”, per alcune ore, alla propria coscienza.
E’ da credere che questi pochi versi abbiano ispirato non solo tanti poeti più vicini a noi nel tempo, ma anche le varie serie di “notturni” creati da compositori soprattutto romantici, tutti affascinati da quel silenzio siderale e inquietante che avvolge di notte persone e cose.
In questa assenza condivisa, che diventa metafisica ed esistenziale insieme, quando tutti dormite, io veglio. Come Alcmane, come Chopin. Ma senza alcun esito creativo analogo ai loro. (Magari !)
Quando tutti dormite, io vi guardo, anzi vi sento dormire. Non mi spaventa il sospetto di essere rimasta sola sul pianeta, anche se figurami questa eventualità è un bel gioco, dà una certa vertigine simile alla follia.
Quando tutti dormono, io mi riconcilio con la fragilità dei miei simili; le loro umane debolezze che di giorno mi irritano, di notte mi commuovono, so con certezza che, se nessuno è perfetto, non ci resta che consolarci a vicenda delle nostre imperfezioni, accettarle per ciò che sono, trovarle perfino belle.
C’è di più. Quando tutti dormono e io sono l’ultima donna sul pianeta terra, quando mi attraversa quella folata di vento gelato annunciatrice del nulla, mi ricordo quanto sia importante vigilare. Mi ricordo quanto sia importante mantenersi “servi fedeli”, conservare dentro di noi una luce accesa per non soccombere. Alle guerre, alle follie dei potenti, all’Intelligenza Artificiale, alla vendetta di una Natura violentata, agli eccessi della tecnologia… Quanto sia importante esercitare continuamente il senso critico, la capacità di esercitare il dubbio, la voglia di porsi domande, di non accettare supinamente tutto quanto accade fuori di noi. La necessità di restare a occhi aperti.
Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà dice Gesù, riportato da Matteo (24, 42).
Perciò è bello vedervi dormire, tutti. Sentirvi dormire, ascoltare i vostri respiri che rallentano, qualcuno che russa, qualcun altro che parla nel sonno inseguendo un sogno impossibile, immaginarvi abbracciati tra voi, oppure solamente al cuscino, avvoltolati in coperte troppo fredde, o ancora rannicchiati in giacigli di fortuna, sotto tende di campi profughi, comunque arresi a un sonno ristoratore, anche se breve e inquieto.
Per me è bello vedervi dormire non perché, vegliando, io mi senta in qualche cosa migliore o superiore a voi, ma solo perché in questo modo coltivo la speranza che sia sempre possibile far sopravvivere l’attenzione, la curiosità, la pietà. Nonna nanna ninnaò che pazienza che ce vo’, cantavano le nostre mamme. La pazienza è proprio quello che ci vuole per contemplare l’abbandono del mondo e coglierne residui indizi di bellezza, fare in qualche modo da baluardo al buio, alla totale incoscienza e alla assoluta insipienza.
Così come è bello racimolare tutti, ma proprio tutti gli istanti di luce: siano gli ultimi del tramonto oppure i primi dell’alba. Infatti, come ha scritto l’autore di Moby Dick, Herman Melville, la vecchiaia ama sempre la veglia; quasi che l’uomo, quanto più lungo è il tempo che l’ha tenuto allacciato alla vita, tanto di meno voglia avere a che fare con ciò che gli rammenta la morte.
9 ottobre 2024
La contemplazione dei dormienti ha provocato una mia serie di acquerelli, che la bontà della maestra Klirò, permetterà di esporre prossimamente, a partire da sabato 19 ottobre a Spazio5 (Roma, via Crescenzio 99) insieme alle più degne opere dei suoi eccellenti allievi.
Antonino D'Anna
Mi ripeto sempre di non passare da qua, di non ascoltare la lettura della cartolina marziana. Invece ci casco e resto affatàto, camillerianamente parlando. Notte: vorrei intanto dirti “Di notte, specialmente” con Donatella Rettore. Sono un notturno, sono un nottambulo. Di notte ho studiato con la radio appresso, di notte ho scritto, di notte ho progettato e costruito. La notte offre un’incredibile, straordinaria sensazione di libertà. Di notte si è davvero se stessi, pazzamente liberi, di notte si viaggia e ricordo viaggi notturni in treno con personaggi incredibili da scriverci quantomeno un racconto. Viaggi che, specie a scendere, se il treno era in orario infilava l’ultima galleria al buio dopo Maratea e poi, quando sboccava sul ponte sul fiume Noce che è confine con la Calabria, la luce dell’alba esplodeva dentro lo scompartimento in mezzo alle facce addormentate.
Ci sono notti che decidono vite, notti in cui prendi la decisione giusta e provi una grande gioia, notti in cui ti ascolti in subbuglio e provi a dare un senso: e se Dio non ci fosse? E che senso avrebbe questa vita? E se invece c’è, avrò il Suo perdono? E perché sono nato ora, perché mi toccherà morire? Domande essenziali, in Calabria ce le si pone su qualche colle campagnolo mentre tira vento e possibilmente si fuma un Toscano in silenzio. Ho smesso di fumare, ma su qualche colle tornerei volentieri. E sono grato alla notte, specie quella di Renzo nel capitolo XIII dei Promessi sposi: a me, personalmente, se In-Deep nell’82 cantava che last night a DJ saved my life, a me one night Alessandro Manzoni saved my life. Oh yeah.
Di notte, specialmente. Appunto.
Donatella Rettore – Di notte specialmente, Sanremo 1996
https://www.youtube.com/watch?v=JqJ9mKf5oGM
lauradmin
Caro Antonino, io mando cartoline da Marte, tu sei un poeta di questo mondo e di tanti altri. Grazie.
Idalberto Fei
Bello, davvero