Dopo avere ascoltato il discorso del Presidente del Consiglio uscente Mario Draghi dello scorso 20 luglio, che ha passato in rassegna tutte le gloriose conquiste ottenute negli ultimi tumultuosi mesi dall’esecutivo su più fronti emergenziali, molti si stanno ancora domandando perché, se le cose stavano andando davvero così bene, Draghi si sia dimesso. O Draghi ha dipinto un quadro troppo ottimistico, da campagna elettorale anticipata, oppure ha ingigantito il dissenso all’interno della coalizione. “Le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione” ha detto: ma non saremmo in democrazia? I distinguo e le divisioni non dovrebbero essere il motore del confronto politico anche all’interno di una maggioranza? A molti è apparsa sospetta la pretestuosità dell’appiglio per addossare su chi sappiamo la colpa della crisi; al nutrito elenco dei successi raggiunti, Draghi ha fatto corrispondere un troppo vago accenno allo“sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese”. In altri casi, opposizioni interne ben più violente e motivate sono state disinvoltamente messe a tacere e si è andati avanti “nell’interesse del paese”.
C’è chi dice che la politica sia intelligenza tattica più tempismo: a Draghi non mancano né l’una né l’altro. “L’occasione arriva solo a colui che è ben preparato.” L’ha scritto un filosofo di quattro secoli fa, conviene crederci (Spinoza).
In un colpo solo Draghi si è liberato di alleati scomodi e populisti, da sempre sgraditi al Palazzo, e ha conquistato un posto in pole-position per i suoi sostenitori nelle fulminee elezioni di fine settembre. Ma che fine hanno fatto le consultazioni di rito cui il Presidente della Repubblica dovrebbe -secondo Costituzione- invitare il primo ministro dimissionario, oltre che i rappresentanti di tutte le forze politiche? Si è mai vista un appuntamento elettorale fissato dall’oggi al domani per la fine dell’estate? (Non che in questo paese manchi l’abitudine a precedenti eccezionali…) E si sono mai viste elezioni fissate tanto rapidamente da impedire l’organizzazione di qualsivoglia campagna elettorale, da rendere impossibile l’organizzazione di un pensiero e di una valutazione il più possibile sereni nell’elettorato?
Tanto più considerando che si voterà con una legge di bilancio in fase di approvazione, con una crisi energetica senza precedenti in corso, con l’inflazione alle stelle, una guerra in Europa dalle pesantissime ripercussioni economiche sugli approvvigionamenti di grano, gas etc e sulla catena delle forniture. Proprio non è venuta in mente a nessuno la figura del poco onorevole capitano che lascia la nave poco prima che affondi, con la scusa che qualcuno dell’equipaggio ha semplicemente sbuffato ? Solo pochi mesi fa, quando fu proposto per il Quirinale, Draghi era indispensabile al governo, a detta di molti. E adesso? Per nulla obbligato a dimettersi, oggi Draghi ha scelto di dimettersi, tanto più in seguito alla mancata fiducia delle due camere. Proprio adesso che la gente ha tanta paura del domani. Passo dovuto e irrevocabile e insieme bella mossa.
Domanda finale: non si stanno forse configurando le prossime elezioni come una consultazione pro o contro Draghi? Non ci troviamo in pratica in attesa di un plebiscito? Ma in un paese come l’Italia, dove tanto qualunquismo ha invocato per anni a modello l’ordinato bipartitismo britannico o statunitense come rimedio alla dispersiva frammentazione partitica, non sarà questo un pericoloso primo passo verso il ritorno a un passato che ha spaventato tante generazioni nel dopoguerra? E se le possibilità di scelta si restringono a due, non è lecito temere che verrà un giorno in cui, con la scusa di tutte le emergenze di cui sopra, non ci sarà più nessuna scelta? Con tutta la mia fiducia nel competente e autorevole Mario Draghi, ho un angosciante déja-vu.
Ultima domanda: ma perché in questi giorni mi viene sempre più spesso in mente Niccolò Machiavelli? Absit iniuria verbis, vorrei citare poche righe dal capitolo XVIII de Il Principe, proprio quelle a cui penso più spesso: “Quanto sia laudabile in un Principe mantenere la fede, e vivere con integrità, e non con astuzia, ciascuno lo intende. Nondimeno si vede per esperienzia, ne’ nostri tempi, quelli Principi aver fatto gran cose, che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno saputo con astuzia aggirare i cervelli degli uomini…”.
24 luglio 2022