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ALLE MIE AMICHE

E poi c’è quell’altra amica che ne ha passate tante più una. Ma non ha mai perso il sorriso, la pazienza, la dolcezza. Le devo un grazie che attraversa tre generazioni. Ero amica di suo padre, ho visto nascere suo figlio. Abbiamo lavorato insieme. Bella e fragile, arrendevole e fortissima. Il suo nome significa: la protettrice degli uomini. Ha protetto fino allo strenuo la vita di chi amava. L’ho abbracciata poche volte rispetto a quelle che avrei voluto, potuto e dovuto. Perché di nuovo, di fronte al dolore di coloro a cui vuoi bene, c’è ben poco da fare o da dire. Già è un’impresa semplicemente esserci, resistere, ascoltare.

Sull’amicizia tra donne ci sono tante dicerie e ancora di più pregiudizi e abusi. Non mi piace sentirla esaltare dalle vetero-femministe come una solidarietà portatrice di autocoscienza di genere. Al grido di “facciamo muro contro i soprusi maschili” o “rivendichiamo la nostra identità” secondo loro dovremmo sentirci tutte sorelle. A prescindere. Io non rivendico proprio niente. Se mi sento sorella di qualcuno non è in nome di quello che manca ma di quello che c’è. E allora mi rivengono in mente tutte le mie amiche legate da quello che c’è e che resiste: l’amica del liceo che conosce tutte le mie nefandezze, l’amica conosciuta solo pochi mesi fa, che non si capacita di quanta profondità e intimità si possa acquisire in età adulta, la professoressa dei miei figli, con cui abbiamo condiviso le aule della Facoltà di Filosofia senza conoscerci eppure in qualche modo già conoscendoci e costruendo insieme quegli “anni di grazia”, le colleghe giornaliste con cui abbiamo lavorato in squadra, ridendo e piangendo, spezzando insieme pane e progetti, le mamme dell’asilo, quando avevamo i figli piccoli, insieme alle quali ci meravigliamo oggi di vederli adulti e in ruoli importanti, le compagne delle elementari scomparse per sessant’anni e ricomparse all’improvviso coi ricordi intatti delle Barbie e la voglia di tornare bambine insieme, le amiche di mia madre e di mio padre, oggi vecchie e tremolanti, eppure ancora capaci di restituire l’entusiasmo della loro giovinezza a dispetto delle generazioni, incerte se guardarmi come un’amica o ancora come una figlia… E poi le mogli e le madri dei miei amici, diventate irresistibili amiche mie, le suore con cui ho parlato di Dio, le compagne di viaggio che hanno scosso le mie pigrizie, le amiche dei miei figli con cui scambiare alla pari trucchi e camicette, le esperte d’arte, le cugine acquisite, le cugine ritrovate, le stagiste via via più giovani di me, le cassiere del supermercato gentilissime, le parrucchiere che potrebbero essere mie figlie, le dottoresse complici che potrebbero essere mie madri, le intellettuali non spocchiose, le vicine di casa cordiali, le personal trainer illuminate, le domestiche cui affido la casa e anche l’anima, le professioniste scoperte in corso di intervista che mi hanno folgorato con le loro conoscenze e i loro pensieri, le attrici più o meno note che mi commuovono costruendo meticolosamente un’emozione,  le verduraie del mercato sempre allegre, le commercianti cordiali,  le bariste infaticabili che servono un caffè e un sorriso… Quelle rimaste sole e quelle che se ne sono andate troppo prima del tempo. Quelle con cui ci si vede sempre e quelle con cui ci si risente dopo due anni come se niente fosse, senza che niente si sia spezzato. “Ciao, che fai?”

Qualcuno diceva che “in ogni donna c’è qualcosa che piange”. Io riconosco questo qualcosa anche al primo sguardo ed è proprio questo piccolo particolare a sedurmi in una creatura del mio stesso sesso, anche se so che vorrebbe nasconderlo. Molte donne oggi dimenticano questa particolarità così scomoda e solenne, a vantaggio di una facciata frivola o salottiera, o, peggio, aggressiva. Forse l’una cosa non esclude l’altra, e certamente ci si può riconoscere sorelle anche a un corso di salsa o di fronte al famoso tè coi pasticcini. Ci si può sintonizzare sulle rispettive profondità anche tra chiacchiere futili, anche scambiando due parole in fila alla posta. E’ in forza di questa comunicazione sottile che gli umani -femmine e maschi- possono riscattarsi dall’orrore e salvagardare la bellezza.

Ieri la mia amica bella e fragile, arrendevole e fortissima, che non si è curata di nascondermi le sue lacrime, mi ha salutato dicendomi: “Sai di casa. Sei di casa”. Nessuno mi aveva più detto una cosa tanto bella e tanto sottile, da qualche tempo in qua.

 

(Ad A.P.)

26 novembre 2022

One thought on “ALLE MIE AMICHE

  1. Maria Piscione

    Che profondità di animo è di parole….
    Si intravede qualche lacrima più o meno nascosta e forse non solo raccolta dalle amiche.
    Complimenti dalla mia mamma 91 enne che ha ascoltato le tue meravigliose parole attraverso la mia voce inadeguata…..

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