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Qualche anno fa Angelo faceva il barman e il maestro gelatiere. Gestiva a Roma lo storico bar di piazza Santiago del Cile, insieme alla sorella e al cognato. Oggi, in pensione, fa quasi il contadino nella sua casa alle porte di Roma, sulla Nomentana. Vedovo, nonno e bisnonno, alleva anche qualche gallina e mangia le uova del suo pollaio. Lo conosco da una vita. Appassionato tifoso della Lazio, uomo schietto, curioso, vitale, oggi un po’ malinconico a causa della vedovanza, ha regalato una “accidentale” confidenza su di sé in occasione di una recente riunione tra parenti e amici. Ha raccontato che da ragazzo aveva due aspirazioni: diventare fotografo, oppure gelatiere. Per nostra fortuna la vita lo ha indotto a scegliere la seconda strada. E così abbiamo potuto apprezzare le sue squisite creazioni, quando l’arte della gelateria non era così diffusa e neppure così vagamente imbastardita come oggi, e lui si lasciava visitare nel retrobottega del bar di piazza Santiago: lì lo si poteva trovare gaudente e fiero davanti alla pastorizzatrice-mantecatrice come un dio Efesto capovolto, a governare non fuoco e braci ma ghiaccio e frutta fresca. Era meraviglioso vederlo a lavoro, non solo perché pregustavamo il frutto della sua fatica, che di lì a poco avremmo assaggiato come esclusiva primizia, ma perché ci offriva lo spettacolo prezioso di un uomo soddisfatto del proprio lavoro. In uno spazio angusto e sacrificato si apriva un mondo, un vero antro delle meraviglie.
Non ci aveva mai confessato la sua fascinazione anche per la fotografia. L’altro giorno, senza che nessuno glielo chiedesse, incoraggiato dall’allegra compagnia, ha spiegato perché fosse stato attratto da due attività così apparentemente diverse. In sintesi: per il miracolo della trasformazione. In camera oscura, nelle bacinelle d’acido, sul vuoto del foglio bianco l’immagine appare prodigiosa: dal nulla, ecco affiorare magicamente un qualcosa. In laboratorio, nella portentosa “impastatrice”, da inerti liquidi sapientemente combinati, ecco un altro qualcosa: una crema, un prodotto nuovo, una squisitezza ogni volta diversa.
Ringrazio Angelo, maestro gelatiere, curioso di gastronomia, cultore di vini, erede dell’arte dei campi, amante della compagnia, per la sua meraviglia di fronte alla trasformazione delle cose: è proprio ciò che si trasforma tra le nostre mani a fare la differenza, a renderci umani. E’ proprio ciò che si trasforma a darci la misura del nostro lavoro, della nostra fatica, del nostro ingegno, della nostra creatività, del nostro governo sul mondo. Ciò che resta immutato, che non si lascia scalfire, che resiste alle contaminazioni e ai contagi è solo anticamera di morte. “Se non avessi voluto cambiare, oggi sarei allo stato minerale”, recita la canzone. E’ per questo che gli artisti, in qualsiasi campo, musicisti o fotografi, architetti o tappezzieri, politici o sarti, pittori o gelatieri, sono sempre, a modo loro, dei rivoluzionari. E’ per questo che sorridono comunque, anche se li vediamo seri e concentrati in quello che fanno. Sorridono in quello che fanno; e sorride comunque per loro precisamente tutto quello che hanno fatto.
1 aprile 2025
Paolo
Molto vero! La gioia viene dalla trasformazione, dal sapere imporre le proprie capacità e volontà sulla materia bruta. Ed Angelo era comunque anche un ottimo fotografo, oltre al miglior gelataio di Roma!