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“BLANCO” MA NON INNOCENTE

All’ennesima difesa del gesto di Blanco a Sanremo rompo il silenzio e mi rivolgo a chi sminuisce, mettendolo a confronto con gli scontri di Firenze, dove aggressori fascisti hanno malmenato ieri alcuni studenti a causa – si legge – di opposte visioni politiche. Che cosa sarebbe più grave? – chiedono alcuni. Il plateale gesto durante la gara canora o il violento accanimento contro avversari politici, memoria di ignobili azioni squadriste?

Posso rispondere?

Premesso che la violenza contro persone o cose ha sempre lo stesso peso e dovrebbe generare sempre il medesimo raccapriccio, io rispondo decisamente che l’atto più grave è proprio quello di Blanco. E non perché io rimpianga o giustifichi i metodi squadristi. Blanco non ha solo danneggiato un bene pubblico, ma ha offeso una filiera di lavoratori, oltre ad avere calpestato lo spirito ecologico di questi tempi. (Vabbè che i fiori erano recisi, ma erano pur sempre fiori, simbolo del tanto invocato rispetto per la natura). Ma in quelle composizioni floreali c’era soprattutto il sudore e la dedizione di contadini, zappatori, facchini, vivaisti, fioristi etc che si sono vista distrutta in un attimo tutta la loro fatica. E a cui Blanco non ha minimamente pensato. Per non parlare del necessario, successivo coinvolgimento degli addetti alle pulizie convocati in tutta fretta a eliminare dal palco le tracce di quello scempio. Facendo le debite proporzioni, a me sono venute in mente le devastanti distruzioni di monumenti e siti archeologici perpetrate dall’Isis e da altri gruppi jihadisti in Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, Mali, Tunisia, Libia… La crudele  gratuità era la stessa. Un fiore “malmenato” vale quanto un sito archeologico bombardato. All’epoca pensai, con una stretta al cuore, che chi distrugge senza alcun motivo un’opera d’arte, compie qualcosa di più grave – è evidentemente un paradosso – di un assassinio: è come se uccidesse due volte. In quel gesto gratuito c’è infatti la condanna a morte di chi spezza una vita (l’oggetto d’arte), ma anche  di chi disprezza migliaia di altre vite: tutte quelle di coloro che quell’opera d’arte avevano prodotto e che in quell’opera d’arte si erano  riconosciute, che l’avevano adorata, frequentata, contemplata etc. E’ proprio la gratuità del male a renderlo più odioso. E particolarmente se il gesto gratuito è compiuto contro la bellezza, che è sempre innocente, che è sempre inerme, spesso fragile, che non si può mai difendere.

Cari difensori di Blanco, nel vostro sminuire c’è la totale dimenticanza di quell’orrore per la violenza che pretendete di diffondere. La cultura della violenza inizia proprio da gesti apparentemente innocenti, da “bambinate” scusabili con un buffetto e via, che poi, strada facendo, – se non corrette- rischiano di diventare una giustificazione per qualsiasi efferatezza. Un gesto gratuitamente violento, per di più esibito dalla televisione pubblica, finisce per autorizzare qualsiasi analoga (se non peggiore) “bambinata”. E che cosa diremo allora quando ci porteranno in questura perché avremo preso innocentemente a calci l’aiuola o fatto bambinescamente la pipì davanti a Montecitorio? Ci stupiremo o no che certe esagerazioni siano consentite solo alle star in televisione? E per fortuna che Blanco cantava “L’isola delle rose”. Un cui verso recita “come per spezzare un fiore”. Forse lo scempio faceva parte dello show, dirà qualcuno. In realtà tanta bonarietà rischia di giustificare derive molto peggiori.

E vengo agli squadristi, messi a confronto con la “bambinata” di Blanco. Divergenze politiche, la causa delle aggressioni, si legge. Sto per scrivere qualcosa che farà inorridire molti: e magari fosse. Se non altro, sarebbe una violenza certamente ingiustificata, ma prodotta da un motivo giustificatissimo: il confronto delle idee. Proprio ieri qualcuno mi ricordava che le contrapposizioni politiche, anche animate e violente degli anni settanta (che generarono poi la stagione del terrore, con il sangue di morti e feriti nelle nostre strade) sono finite definitivamente con l’avvento del libero mercato. Direi del mercato spregiudicato. Il valore del denaro ha azzerato, nel bene e nel male, qualsiasi altro valore, etico, sociale e soprattutto politico. Siamo caduti nel sonno profondo del welfare. E chi se ne importa di come la pensiamo, chi se li ricorda più i sogni, le idee, le utopie, Marx, Nietzsche, il socialismo realizzato, la libera circolazione del pensiero…

Dunque, tirando la linea, siamo arrivati a giustificare un imbecille che sfregia pubblicamente fatica e bellezza, e a condannare quelli che hanno nostalgia di confronto e di scontro di pensiero e arrivano a manifestarla in calci, pugni e scazzottate. Ovvio che i metodi di questi ultimi sono da condannare quanto se non peggio la bambinata di cui sopra, ma d’altra parte è importante non abboccare al perverso buonismo che sempre più si diffonde intorno a noi. E che è ancora più colpevole – questo sì- del ragazzino viziato che distrugge le decorazioni floreali.

Facciamo attenzione: questo generoso buonismo è l’ingrediente fondamentale di quel sonnifero che ci stanno propinando da qualche decennio. Il buonismo come un progressivo, dolce elettroshock…

 

19 febbraio 2023

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