Il mio amico Muskio sogna spesso la nostra amica Laura, da quando è morta, tredici anni fa. La sogna e la risogna, ora nella gioia, ora nell’inquietudine. Li avevo presentati io, negli anni dell’università.
Non credo sia mai stato innamorato di lei, non più di quanto sia stato innamorato di tutte noi; all’epoca lui cercava un appoggio, una consolazione, la conferma di essere “giusto” in un mondo di gente che gambizzava le persone e faceva saltare in aria i treni.
Muskio era un po’ più grande di me, e oggi ha settant’anni. Capita così, che sei ragazzo, e all’improvviso ti ritrovi quasi vecchio. Lui però non mi sembra ancora vecchio, così come non mi sembra che Laura sia davvero morta.
Non mi ricordo più qual è il vero nome di Muskio: è diventato Muskio per quella sua solitudine che lo faceva crescere e acclimatare negli angoli più ombrosi e più freddi, che oggi però è diventata una serena accettazione del poco-tanto che ha: un pesce sulla brace, un calice di vino… (E due pillole per abbassare la pressione!)
Poi Muskio lo scriviamo con la “k” in omaggio alla sua passione per il mondo germanico e per il Kerner (è proprio quello il vino che lui si versa più spesso dentro il calice!)
Muskio sogna e risogna Laura: a volte nel sogno sono soli, a volte lei lo bacia e gli dice che sta per dargli un bambino, a volte invece siamo di nuovo tutti insieme – Pi, Nadia, Filippo, Luca, Alessandro, Renata, Paolo… – in quelle cene che organizzavamo sul suo terrazzo dove arrostivamo le salsicce, o in quelle passeggiate al mare d’inverno e Laura certe volte si portava dietro quel suo fratellino dodicenne che oggi è diventato un avvocato… Ridevamo, cantavamo, facevano tutte quelle cose stupide ed essenziali che si fanno quando non si è ancora vecchi e non si pensa al morire.
Io Laura non la sogno mai. Se riuscissi a sognarla, le chiederei perdono di non essermi accorta della sua malattia. Di esserci lasciate così, senza un saluto. Ero fiera di portare il suo stesso nome, che addosso a lei era più bello, ed era tutta lì la nostra superficiale sorellanza -quella che lei mi consentiva e che io invece avrei voluto spingere molto oltre- e mi piaceva voltarci simultaneamente quando qualcuno chiamava chissà chi di noi due, lo stesso nome. Speravo una mattina di risvegliarmi benedetta dalla sua stessa eleganza, dal suo stesso equilibrio, dalla sua stessa ironia.
Mi piace tanto sognarla tramite Muskio. E’ come se la sognassi anch’io, è come se la sognassi due volte. A lui sono grata di questa fedeltà a quegli anni, di provare ancora, come mi ha scritto “qualcosa di strano, emozioni che provengono da quel passato pieno di allegria ma in parte anche di dolore”…
Io li ho fatti incontrare, e lui oggi continua a farmi incontrare lei: ci siamo accompagnati a vicenda in una complicità allora fatta di poco e oggi fatta di ancora meno, che però è tanto, è tutto quello che ci resta. E’ come se io avessi messo la mano di lei tra le mani di lui, e lui mi restituisse oggi la sua stretta, perfino qualche fugace abbraccio. Accade ogni notte che lui torna a sognarla (complice il Kerner o il Riesling) e ogni mattina a seguire, che mi telefona per racontarmi il sogno.
Forse non ci siamo mai veramente incontrati così tanto prima d’ora. Forse non ci siamo mai veramente lasciati, tutti quanti.
13 maggio 2023