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CENSURA DA CENSURARE

Ci sono due futili-tragici eventi della televisione di stato che meritano nonostante tutto una parola. L’estromissione dal piccolo schermo in una specie di ergastolo mediatico senza possibilità di ritorno (e senza appello o possibilità di difesa) di due personaggi storici dello spettacolo: il cantante Memo Remigi, colpevole di mano morta in un programma quotidiano del pomeriggio ai danni di una più giovane collega, e Enrico Montesano reo di avere indossato una maglietta con una scritta presuntamente nazi-fascista durante gli allenamenti dalla gara di ballo del sabato sera. (Cause in corso di entrambi contro la Rai. ) Estromessi ovvero epurati, censurati. Tutte le epurazioni e a tutte le censure sono rivelatorie di corrispondenti tabù. Negli anni sessanta per esempio si aveva paura del sesso e in televisione si censuravano le gambe delle Kessler, facendo indossare loro delle calze coprenti. Oppure si aveva il terrore del comunismo e nelle Tribune Politiche si tendeva sub liminalmente a limitare l’espressione di  pensiero di personaggi come Togliatti, Ingrao, Cossutta, Amendola o Pajetta a vantaggio di esponenti democristiani. La censura era efficacissima e per questo più mimetica. Ma si aveva anche il buon gusto di capire che comunque, benché “necessario” censurare –beninteso dal loro punto di vista –  non ci fosse poi tanto da vantarsene.

Oggi invece la censura è sbandierata e genera fierezza, soprattutto se colpisce il presunto oppositore al main stream. E a nessuno viene il dubbio che censurare il presunto fascista sia un atto fascista. Plateale e impietoso è stato l’affondo del coltello nella piaga contro il Remigi presunto molestatore da parte della conduttrice vetero-femminista, così come addolorata ma perfettamente allineata si è mostrata  la conduttrice del sabato sera nel dare notizia della squalifica di Montesano, presentata comunque come un atto inevitabile, incriticabile. Non è dato sapere peraltro se la stessa sorte sia toccata al responsabile della messa in onda della scena in cui Montesano avrebbe fatto apologia di nazifascismo, visto che era uno spezzone registrato e non una diretta ( il che avrebbe potuto giustificare il sospetto di un atto doloso da parte di Montesano). Su questa base, a nessuno pare sia venuto il dubbio di colpire non tanto il presunto apologeta quanto piuttosto (o almeno anche)  il programmista o il regista cui è sfuggito un particolare ritenuto tanto ideologicamente pericoloso.

E’ evidente che se siamo così tanto terrorizzati delle presunte avanches di un famoso cantante verso una collega, così come da inoffensive, anacronistiche scritte su una vecchia maglietta indossata per sudarci dentro, abbiamo qualche problema “dissociativo”. Infatti gli stessi difensori della dignità femminile che orripilano per il sederino della fanciulla violato da una innocente palpatina, non fanno poi una piega quando si parla di aborto o di fecondazione in vitro o di utero in affitto. In quei casi del corpo della donna si può fare liberamente quello che si vuole, basta che la donna in questione sia d’accordo. E gli stessi che cassano un pezzo di storia dello spettacolo italiano come Montesano per essersi lasciato riprendere con un vecchio indumento verosimilmente usato come deshabillé  (giusto per stare comodi), impiantano a partire da questo un grottesco processo alle intenzioni che tradisce tutta la loro malafede e il loro (esclusivamente loro) filtro di pensiero, ovvero il fatto che sarebbero capaci di ricorrere a simili mezzucci per far passare idee ritenute eversive.

Ecco come le conquiste di dignità, uguaglianza, libertà di pensiero generano mostri peggiori delle dittature che ne impedivano l’esercizio. Ecco come certe paure rendono le persone impermeabili all’ironia. Che tragedia quando ci si prende troppo sul serio e non si coglie nella citazione dannunziana-bellica MAS stampata sulla maglietta (Memento audere semper) semplicemente un ironico incitamento alla gara…  E’ proprio vero che ogni rivoluzione è destinata a sfociare nel Terrore. Tragica conferma del fatto che, nelle conquiste di cui sopra, i primi a non credere sono proprio coloro che si sono battuti –e magari sacrificati – per ottenerle.

 

 

29 novembre 2022

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