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CHE NOIA

In questi giorni abbiamo assistito alla consueta carrellata di pseudo provocazioni al festival di Sanremo. Mascheramenti vistosi, gesti plateali, abbinamenti iperbolici, fantasmi del passato e azzardi sul futuro. Parola chiave ricorrente (ma non solo a Sanremo, frequente in questi anni): stupire. Poi, a far da contrappeso, le ovvietà, il buonismo, il rassicurante senso comune dei conduttori. Ma non voglio parlare di Sanremo anche io. Voglio parlare di questo bisogno di stupire e di essere stupiti.

Un vecchio amico (e anche un pochino vecchio, ahilui) inorridisce al provocatorio bacio tra due uomini avvenuto su quel palco (Rosa Chemical e Fedez). “Non sono ancora pronto per certe cose”. Ma quali “cose”? Non ci siamo accorti che è in corso un processo di normalizzazione di tutto ciò che fino a ieri era ritenuto off, scandaloso, proibito? Non ci siamo ancora adeguati al passaggio, sistematicamente perseguito, dall’assoluto al relativo? Ogni gesto eccessivo (e fino all’altro ieri ritenuto immorale) è sdoganato e perfino esibito. Ma bisognerebbe che i registi di tale processo facessero pace con loro stessi: da un lato vogliono normalizzare, far quasi passare inosservati certi eccessi. Dall’altra li moltiplicano, sanno benissimo di voler provocare. Su questa ambiguità si gioca da alcuni anni una partita decisiva per il costume e per la coscienza di noi italiani. Ma chi sarebbero i destinatari di questo progetto? Le giovani generazioni? O i vecchi boomer da rieducare, da ammansire di fronte a ciò che ancora li turba? Le prime non hanno bisogno di essere educate: vivono nella liquidità dove tutto è lecito come se niente fosse. Per i secondi non c’è più speranza, e i registi della liquidità lo sanno benissimo: perciò i vecchi benpensanti sono i destinatari preferiti dello scandalo scientificamente perseguito.

Beh io non ci casco. Appartengo certamente a una vecchia generazione boomer,  che tuttavia dovrebbe essere vaccinata contro il falso stupefacente di questi ultimi anni. Noi abbiamo sentito i racconti dei genitori sugli orrori della guerra e abbiamo visto le vittime del terrorismo sulle nostre strade: nei cadaveri sui marciapiedi quasi ci inciampavamo. Abbiamo applaudito David Bowie e quello scaltro di Renato Zero, ci hanno spiegato che cosa sono i buchi neri e la particella di Dio e soprattutto ci hanno raccontato di Auschwitz e di Hiroshima. Di che cosa dovremmo ancora stupirci? Io mi stupisco che qualcuno ancora si stupisca.

Chi ancora si stupisce, nel bene e nel male, è forse un nostalgico di quella vecchia tensione alla conoscenza che nasceva dalla meraviglia socratica di fronte alla realtà, e che generava la filosofia, ovvero l’attenta distinzione fra il bene e il male. Ma non sono più quei tempi, conviene farsene una ragione. Oggi quella antica meraviglia non genera più niente: solo annoiata acquiescenza alle infinite repliche di uno stesso teatrino. In cui tutto è stato detto e anche il contrario di tutto. Bene e male? Lo sapevamo già che nel cuore dell’uomo, alla fine, non c’è differenza. Tutto il resto è noia.

 

12 febbraio 2023

2 thoughts on “CHE NOIA

  1. Maria Visconti

    Inserendomi nella riflessione, io penso che giovani, adulti ed anziani prima ancora di inorridire o assuefarsi dovrebbero saper discernere fra recitazione e realtà, fra realtà virtuale e vita di tutti i giorni… lo stupore e/o l’orrore dovrebbero essere riservati ai 29mila morti per il sisma! Diversamente, la conseguenza è una omologazione di comportamenti, di perdita di identità per colmare quel vuoto determinato dal “non sentirsi abbastanza “

  2. Mauro Miccio

    Non dobbiamo assuefarci alla rarefazione sociale provocata dalla virtualità dei social;penso invece ,che se vogliamo riprendere il filo conduttore della vita , qualunque percorso sia stato scelto da ognuno di noi , e della nostra umanità , dobbiamo riscoprire l’importanza di emozionarci , di provare meraviglia, di stupirci di fronte : a ciò che vediamo, a ciò che ci accade intorno; a riscoprire che siamo in relazione ,con la natura e i luoghi che frequentiamo, soprattutto leggendone i particolari, e con le persone ,con le quali non siamo solo in connessione virtuale. Incontrarsi e’ profondamente diverso da incrociarsi, per poco o tanto tempo che sia , ma senza aprirsi, cioè senza stupirsi del conoscere e conoscersi . Incontrare invece è fare qualcosa di poetico( da poieo..) insieme . Essere curiosi , meravigliarsi , stupirsi e’ l’unico modo per continuare ad essere vitali e non abbandonarci al pessimismo, al nulla ,riprendendo , con gli occhi ben aperti, non solo a vedere ,distratti e superficiali , ma a guardare e a guardarci reciprocamente: l’autre me regard ( Levinas) mi guarda ,si traduce, ma vuol dire anche “mi riguarda . Usiamo gli occhi di quando eravamo bambini Ogni momento dobbiamo riabituarci a provare emozioni, senza vergognarsene, a stupirci . Ma ,come scrive Borges, tutte le emozioni passano , solo lo stupore rimane …Fin qua la riflessione rimane sul piano fisico , corporeo ,sul terreno della esperienza sensoriale dei nostri sensi. Ricordo che una frase di Herschel “ privi di meraviglia restiamo sordi al sublime “ , e’ stato il titolo straordinario nel 2020 del Meeting di Rimini . Era subito dopo la tempesta del Covid, dopo aver sperimentato lo stupore di fronte alla sofferenza, al dolore, alla precarietà dell’esistenza. L’umano e il divino , per me , si completano a vicenda…Anche qui dobbiamo riscoprire una relazione. È biunivoca…bidirezionale ; ci permette di scoprire il sublime ( sub limen), cioè il rapporto con qualcosa , qualunque cosa sotto le soglie “più alte” , che non è in un luogo lontano , virtuale o ultraterreno ma è radicato dentro di noi. Stupiamoci, finalmente, di riscoprire noi stessi.

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