La foto che documenta un momento dell’apertura della 16° Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi è stata scattata circa due mesi fa nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Con fierezza è stata notata la presenza, al tavolo circolare cui era seduto il papa, di laici e laiche accanto ai tradizionali monsignori, ma anche e soprattutto la presenza di tablet e pc portatili: a ragione la chiesa si va inarrestabilmente adeguando al mondo contemporaneo, un processo iniziato già da diversi decenni. Internet, le nuove tecnologie, e in generale il fatto che una fetta sempre maggiore della comunicazione umana passi attraverso i media digitali è stato del resto uno dei temi centrali della prima sessione del Sinodo. E la stessa relazione conclusiva di sintesi contiene un punto intitolato “Missionari nell’ambiente digitale”. Vi si legge che la cultura digitale è «dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea. (…) Oggi tocca a noi raggiungere la cultura attuale in tutti gli spazi in cui le persone cercano senso e amore». Inclusi gli spazi digitali, appunto.
La foto rende perfettamente ragione di questa chiesa missionaria nella contemporaneità. Una contemporaneità che è fatta di entusiasmanti slanci in avanti ma anche di cocenti contraddizioni. In Vaticano devono per forza essere consapevoli del fatto che le emissioni generate dalle componenti tecnologiche di pc, smartphone, data center, cloud etc equivalgono a circa l’1% delle emissioni globali di gas serra, più o meno quanto il carbonio emesso dall’intero Regno Unito. Del fatto cioè che l’innovazione tecnologica pesi circa la metà di settori particolarmente inquinanti come l’aviazione o il trasporto marittimo. (La fonte è un rapporto qualificato “The green IT revolution: A blueprint for CIOs to combat climate change”, a cura di McKinsey & Company). Dicono gli esperti che, presi uno per uno, laptop e telefoni consumano poco. Ma, cumulati, generano – dalla produzione allo smaltimento – un volume di emissioni che di qui al 2027 sono destinate ad aumentare del 12,8% all’anno.
Non che i padri sinodali avrebbero dovuto presentarsi in aula con pergamene, penna e calamaio, ma forse in Vaticano potrebbero fare maggiore attenzione a evitare certe …gaffes comunicative. E’ vero che per lo più, nel flusso di news vere e false, incongruenze come queste passano del tutto inosservate, ma il problema della chiesa di oggi è proprio questo: passare inosservata. E’ talmente in dialogo col mondo da confondersi col mondo.
Se al tavolo circolare, invece degli inquinanti tablet, davvero fossero davvero ricomparsi le tavolette di cera e gli stili in uso nell’antica Roma, forse sarebbe arrivato con più coerenza il messaggio contenuto nella esortazione apostolica Laudate Deum, con cui Francesco ha voluto inaugurare la stessa assemblea sinodale. E in cui si legge, tra l’altro: “Le risorse naturali necessarie per la tecnologia, come il litio, il silicio e tante altre, non sono certo illimitate, ma il problema più grande è l’ideologia che sottende un’ossessione: accrescere oltre ogni immaginazione il potere dell’uomo, per il quale la realtà non umana è una mera risorsa al suo servizio”.
Per i missionari giovani e rampanti del nostro tempo è inimmaginabile annunciare la Parola senza fare ricorso al servile utilizzo di seducenti “realtà non umane”. Non fingiamo che non sia così. Ma allora attenzione a quello che si annuncia e a come lo si annuncia. Se davvero quello che si ascolta sottovoce deve essere gridato dai tetti (lo raccomanda Gesù in persona), almeno si chieda scusa per … l’inevitabile inquinamento acustico.
Non siamo solo “bravi” se usiamo le nuove tecnologie per annunciare il Vangelo. Siamo un po’ bravi e un po’ no. Esattamente come tutti gli altri che le usano per diffondere tutt’altro genere di messaggi.
Una ragione in più, per la Chiesa, di chiedersi se non sarebbe ormai tempo di tornare a distinguersi da questi “tutti gli altri” invece che continuare a mimetizzarsi con loro.
24 novembre 2023