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CON L’APPOGGIO DELLA POESIA

 

Quale parentela resiste ai giorni d’oggi fra il mito greco e il nostro mondo desacralizzato e disincantato? Nicola Dal Falco la cerca nella sua ultima raccolta poetica, Corrimano, edita da La Vita Felice. E riesce a sorpresa a convincerci che questa parentela esista e strettissima, a distanza di sicurezza da polverosi rimaneggiamenti classicheggianti sul genere di antologie scolastiche o di riesumate versioni da Platone o Diodoro Siculo. Il sottotitolo chiama in causa proprio Platone: La seconda navigazione dal divenire all’essere mettendo mano ai remi. E’ infatti nel Fedone che Platone evoca, per bocca di Socrate, la seconda navigazione cui i marinai ricorrono in tempo di bonaccia, quella navigazione che, non potendo più far conto sui venti che gonfiano e sospingono le vele, si rivolge appunto ai remi: metafora di una seconda e più matura fase della filosofia, che non si accontenta più del facilitato approccio fisico e sperimentale alla comprensione del mondo, ma affronta la fatica di vogare nei flutti della metafisica. A questo salto di qualità allude la parallela fatica poetica di Dal Falco, che chiama “ai remi” Dafne come Eumeo, Hermes come Esiodo, Apollo come Omero, Calipso quanto Sofocle e perfino l’inedito, misterioso Cofalco Nidella, fin troppo facile a rivelarsi controfigura anagrammata dello stesso Dal Falco.

Di nuovo immersi nel mito e nella classicità per andare dunque dove? A ritrovare noi stessi, appoggiandoci a quel corrimano di civiltà che il nostro tempo ingrato tenta periodicamente di rimuovere, presumendo di non aver bisogno di appoggi o sostegni di alcun genere.

Ecco allora che il mito diventa filtro con cui provare a saziare questo nostro tempo di fame e disincanti, smascherando i miti pretestuosi ed effimeri della contemporaneità (Internet e liposuzioni, droghe e turismo di massa, shopping compulsivo ed ecologismo di facciata, milonghe ed algoritmi).

Ai miti-mode, ondivaghi e di superficie, Dal Falco sovrappone così la sostanza carnosa e immutabile di figure radicate nella nostra memoria remota che ci affratellano in un tempo pre-storico, in grado di popolare l’inconscio collettivo di tutta la nostra specie. Ma anche figure solidamente contemporanee diventano mitologiche in questa cornice di gratitudine per tutto ciò che esiste e che rappresenta le nostre fragilità, tutto ciò che “circonda e sostiene le cose”.

L’alternanza di poesie e brevi prose premia la profondità del’approccio, gratificando l’insieme con una frammentarietà leggiadra e insieme robusta: esemplare l’ineffabile vicenda del cavallo Indio, narrata quasi come una storiella e fatta quindi sbarcare con naturalezza nel regno delle idee platoniche. E decisivo l’inno alla brevità, “sorella/ di eternità,/ madre/ di ogni istante” , mito contemporaneo per eccellenza, cui sembra far da controcanto l’apparire magico della dea ignota,  “nera in volto, ghignante” , “quieta traiettoria/ d’irrazionale potenza”.

Grazie dunque a Dal Falco per il mistero di questa sua scrittura corposa di sostanze sacre senza tempo, eppure appartenenti ad ogni tempo. Grazie per cesellare vocaboli preziosi e apparentemente fra loro lontani, tessendone una trama di affascinante sostegno per le nostre sfilacciate coscienze. Grazie per avvicinare ciò che è lontano, per sciogliere i paradossi e le contraddizioni del nostro tempo, cui riesce ad affiancare sorprendenti spunti di appoggio e consolazione:

“stanno le nuvole

cose, divinamente ferme

Trema, invece

Il cielo degli affetti,

la corda dei ricordi,

appesi a nuove ancore”.

 

2 settembre 2022

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