Quella nella foto è la mia nonna paterna, Cecilia Nunziata, nata in un paesino della Calabria agli inizi del secolo scorso. Da lei ho ascoltato fin da bambina un antico proverbio della nostra terra: “Come me soni te bballo” (come mi suoni ti ballo, ovvero come mi tratti ti tratto). Espressione della fiera anima calabrese, basata non tanto sul calcolo o la rivendicazione puntuale di trattamenti equivalenti, quanto sull’intuizione del grande tema della reciprocità, della condivisione, dello scambio.
Di mia più recente acquisizione un antico proverbio siciliano –pare diffuso anche in Calabria- riferitomi da un meraviglioso albergatore di Salina, quintessenza dell’ospitalità e della gioia di vivere, sorta di cosmopolita isolano che, salutandomi alla fine del soggiorno nella sua terra, mi ha consegnato questa perla: “Munti cu munti ‘un si juncinu mai, ma l’omini cu l’omini si” (Monti con monti non si incontrano mai, ma gli uomini con gli uomini sì). Era un chiaro invito a tornare, a incontrarsi di nuovo.
I due proverbi potrebbero apparire in contrasto. Nel detto calabrese si potrebbero leggere sfumature vendicative, ma bisogna conoscere i calabresi per escludere questa possibilità. Il proverbio va vissuto in positivo: trattami bene e ti tratterò bene. Trattiamoci bene e vivremo tutti al meglio. Il detto siciliano invece è un fiducioso e incondizionato inno all’incontro, alla mobilità fisica e mentale, è la parabola di un abbraccio cosmico. E’ vero, esistono uomini-montagna, tendenzialmente inaccessibili, rocciosi, impietriti nella paura dell’altro, solitari e fieri del proprio autocontrollo emotivo, apparentemente impermeabili ai sentimenti, rinchiusi nei propri eremi. Ma anche gli uomini montagna alla fine possono essere “scalati”. E scaldati. Almeno una volta.
Io ho messo insieme nel mio cuore questi due splendidi, antichi detti: tutti gli uomini, in quanto uomini, alla fine hanno la possibilità di incontrarsi, di accrescersi e di migliorarsi a vicenda, ma l’interazione , lo scambio, la costanza e la lealtà viva a un rapporto reciproco e condiviso sono imprescindibili. Non possiamo che dare quello che abbiamo, e se non conta che venga restituito esattamente nello stesso peso, è importante almeno avere la certezza che l’altro sia cosciente di quanto ha dato e di quanto ha ricevuto.
Anche in uno spartito, le note appaiono staccate. Eppure le lega la melodia, l’intenzione del compositore, sempre presente dalla prima all’ultima battuta. Diversamente, se le note non fossero legate, che musica si potrebbe ascoltare? E che musica sarebbe quella che si eseguisse soltanto, senza poterla condividere, senza poterla… ballare?
Alla fine ho un terzo proverbio molto contemporaneo (in pratica l’ho inventato io, partendo da un pensiero consegnatomi da un amico) che forse riassume entrambi gli antichi detti e che mette fine a tutti i distinguo: un giorno ci sarà solo musica. Io ci credo. Alla fine ci reincontreremo comunque tutti, nel bene e nel male, in un abbraccio di fedeltà, sintonia, riconoscenza, rispetto, reciproca contemplazione. Sarà il tempo finalmente di riconoscerci per quelli che siamo, anche al di là dei distacchi, delle dimenticanze, delle mancate risposte, dei silenzi. E tutto ci verrà restituito. Tutto tornerà in equilibrio.
Un giorno. Ci sarà. Solo musica.
28 luglio 2022