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E’ MORTO UNO CHE MI VOLEVA BENE

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E’ morto uno che mi voleva bene …e non solo a me. Stamattina al suo funerale, nella Chiesa degli Artisti a piazza del Popolo, ce n’erano almeno quattrocento se non di più, di persone a cui Ennio Calabria voleva bene. Ma, sono sicura, a ciascuna di quelle persone non voleva un bene generico, quanto dedicato. A ciascuno Ennio voleva un bene diverso, perché a ciascuno Ennio guardava con diversa e “devota” attenzione.

Ennio Calabria era un pittore. Quando ti guardava, sapevi benissimo che era comunque per farti un ritratto, anche se non sarebbe necessariamente finito su tela. Lo sguardo dell’artista è così: lungimirante e leale, tenero e solerte, attento ai particolari e insieme capace di andare oltre, lontanissimo.

Ne ho conosciuto solo un altro così, con questo sguardo vicino e lontano, da miope e da ipermetrope nello stesso tempo. Ed era un papa. Ti sfiorava con gli occhi un istante e avevi la certezza di non essere solamente una comparsa nella sua vita, ma che in quell’istante ti avesse perfino amato.

E’ morto Ennio Calabria  e il mondo è più vuoto, con un po’ meno di amore. Da ieri mancherà un altro po’ di questa carismatica attenzione all’uomo e all’essenza dell’uomo, di ogni uomo e di ogni persona.

I cronisti lo hanno definito pittore “del realismo sociale” attento ai grandi temi del lavoro, della pace, dei mutamenti epocali. Per altri era il “pittore filosofo”, capace di costruire lucide quanto ardite diagnosi sul precipizio del tempo presente e sulla drammatica alternativa dei nostri giorni: evolvere oppure sparire? Sottomettersi all’accelerazione del tempo o invece fermarsi a salvare il meglio che abbiamo?

Non so e non mi interessa quale etichetta fosse più giusta per lui, che certamente praticava un’arte “politicamente impegnata”, come si sarebbe detto negli anni settanta del secolo scorso, affollata di ritratti di intellettuali e di personaggi politici.

Per me è morto uno che mi riservava una stima immeritata, che praticava la curiosità, che cercava costantemente il confronto, che mi istigava a pensare, a interpretare il nostro tempo, a esser-ci. Per questo e per molti altri come me, è stato uno degli ultimi maestri.

La sua ansia di confronto e di pensiero lo portava a parlare anche con familiarità e con “normalità” con chi non c’è più, lo sanno bene tutti quelli che lo hanno conosciuto da vicino. Riferiva dei suoi incontri notturni con Michelangelo, con Raffaello, con Gesù e perfino con Dio, “il Trasparente”… Da tutti costoro, riceveva istruzioni per continuare a pensare, a interpretare, a domandarsi, a esser-ci: la riflessione era il substrato potente della sua pittura vitale ed energetica, figurativa e attualissima. E la sua pittura era lo strumento per proteggere il meglio che abbiamo e che siamo. Per mantenerci umani.

Ho la fortuna di avere sopra la scrivania la stampa di una sua opera dedicata e firmata nel 2009: Il sogno del pescatore. Il pescatore è disteso, inquadrato dall’alto. Dorme con la bocca aperta, abbandonato quasi senza dignità sulla spiaggia, come un tronco marino. Dal mare lo investe un’ondata di pesci. I pesci vanno a lui, come desiderosi di incontrarlo, non ha bisogno di pescarli. Il pescatore sogna che la fatica quotidiana gli sia risparmiata. E’ un’immagine struggente, che testimonia la sua sensibilità per il mondo del lavoro, e che ci accomuna tutti nell’illusione di poter un giorno superare l’inevitabile tribolazione della sopravvivenza. Ma c’è anche un vago sapore evangelico in questa immagine “azzurra” e a suo modo “trasparente”, c’è anche l’eco della voce di Gesù, con cui infinite volte Ennio ha dialogato, nelle sue “notti trascendentali”: venite, vi farò pescatori di uomini.

La pittura di Ennio Calabria è l’amo che vuole ripescare l’umanità dall’oceano torbido dell’indifferenza.

 

4 marzo 2024

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