Per ascoltare invece di leggere:
La recente pronuncia del papa sulla questione mediorientale (richiesta di verificare che a Gaza non si stia perpetrando un genocidio, che ha scatenato la prevedibile, puntuta reazione di Israele) mi fa insinuare il dubbio che in questi anni si stia in fondo riaprendo, mutatis mutandis, la secolare questione del potere temporale dei papi.
Il mondo è cambiato parecchio dai tempi del Risorgimento. Si è allargato e rimpicciolito nello stesso tempo. La globalizzazione lo ha tramutato in una scatola trasparente dove tutti sappiamo di tutti e nulla sfugge al tritacarne dell’informazione.
Dopo la questione romana si disse che, per poter esercitare il potere spirituale sul mondo intero, un papa ha diritto a esercitare il potere temporale solo nel suo piccolo e circoscritto regno.
Ma oggi, vedi sopra, i confini non esistono più. E per propagandare la fede e la morale sul mondo interno è inevitabile sconfinare nella politica. Perché la politica ha sempre un fondamento morale. O magari immorale. Ciò vale a maggior ragione per le guerre.
Vengono in mente i versi – quasi un manifesto- della poetessa polacca Wislawa Szymborska
Siamo figli dell’epoca,
l’epoca è politica.
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.
Un papa del terzo millennio dovrebbe ricordarsi che certe volte i poeti hanno ragione. Questo comporta che dovrebbe stare il più possibile zitto? O basterebbe che pesasse le parole? Le migliori intenzioni, nella attuale casa trasparente del pianeta, diventano tutt’altro, e sono comunque usate, da una parte o dall’altra.
Benché governa – o dovrebbe governare- solo sugli spiriti, un papa – anche nel terzo millennio- resta un capo politico, guarda caso di una delle ultime autocrazie mondiali. In un tempo in cui le monarchie vanno estinguendosi e le dittature sono precocemente riconosciute (quanto meno da quei pochi che ancora sanno esercitare un minimo senso critico ) un papa e il suo entourage dovrebbero sapere che ogni parola del successore di Pietro, pesa, al di qua e al di là della linea della morale, cento volte più di quella di un semplice primo ministro, capo di stato o sovrano secolare, proprio perché ha dentro la “tirannia” della morale, centuplicata dagli ingranaggi mediatici, in forza della quale sembra lecito che ciascuno si senta in diritto di dire qualsiasi cosa.
Ma non è un processo alle intenzioni del povero Bergoglio. E’ un invito a… mutare quello che c’è da mutare. Nelle nostre teste, soprattutto.
Se nelle mutate condizioni politiche di questo mondo, l’autorità morale di un pontefice rischia di esercitare comunque un irresistibile potere politico, non sarà il caso di concludere che la manichea distinzione potere temporale/ potere spirituale ha ormai fatto il suo tempo?
E allora non dovremmo forse interrogarci non tanto su che cosa significhi potere temporale, ma su che cosa ancora significhi potere spirituale?
Il dubbio è che, tutti presi dal mostrarsi privi di mire politiche e inoffensivi nei confronti del mondo, ovvero dall’urgenza di renderselo amico, i pontefici rischino di esercitare un potere temporale ancora più odioso, in quanto mimetizzato, come e più di tutte le dittature contemporanee.
Ciò sta avvenendo a un carissimo prezzo: la progressiva perdita di memoria e di significato su quell’altro potere, sempre più evanescente e difficile da esercitare: appunto il potere sulle anime. Che dovrebbe essere l’esatto contrario di una tirannia più o meno camuffata, quanto piuttosto un magnetismo naturale, un lucido incantamento, una seduzione irresistibile e sana simile a quella del pifferaio di Hamelin… Se non che il Vangelo è ormai musica dimenticata. Ed è duro da accettare, ma a fronte della secolarizzazione globalizzata della stessa morale, l’unica arma per sedurre davvero il mondo, non è più la parola, ormai prostituita, ma il silenzio. Non il grido di sdegno, ma il bisbiglio di misericordia e di consolazione.
Un vecchio attore – esperto di trucchi del mestiere – mi diede un tempo questa fondamentale lezione per risultare incisivi e attrarre l’attenzione delle platee: “Quando tutti urlano, tu abbassa la voce”.
18 novembre 2024