Per ascoltare invece di leggere:
Se li guardi quando sono pronti sulle loro rampe di lancio, i missili ipersonici iraniani potrebbero sembrare minareti. Bellissimi, svettanti. Se li guardi appena lanciati che solcano il cielo, ripensi agli emozionanti decolli dei razzi delle missioni Gemini o Apollo alla conquista dello spazio. Brivido! Architetture spirituali, stupefacenti macchine tecnologiche per sostenere l’ansia umana di conoscenza. Invece sono “solo” macchine di morte. Come del resto i droni e i più tradizionali missili da crociera.
Quanta fatica sprecata. Quanta intelligenza, tecnologia, studio, materiali, denaro ottusamente impiegati. Come funziona un missile balistico? Viene sparato oltre l’atmosfera proprio come un razzo, e sfruttando la gravità, ricade a terra, spesso a caso. Miracolo. E il missile da crociera? A differenza del balistico, segue una rotta come un aereo, e può essere teleguidato, anche attraverso satellite. Meraviglia! Ma il vero splendore tecnologico è il drone: aereo senza pilota, controllato da un computer di bordo o da terra, grazie al quale “è annullato il rischio di perdere vite umane”. Ipocrisia. Quali vite umane? Quelle da una parte o quelle dall’altra? Questa specifica farebbe ridere, se non facesse orripilare. Con i droni non si perdono vite umane tra quelli che i droni li possiedono e li manovrano per sparare su gente innocente. Ma a che servono i droni – a parte quelli di ricognizione o usati in ambito civile – se non proprio per eliminare vite umane? Quelle dell’altra parte, evidentemente.
Guerra asimmetrica: chi detiene la tecnologia e chi la subisce. Ma la guerra non è comunque asimmetrica?
Il film cult War Games offrirebbe la soluzione, a saperla vedere: se è proprio necessario spararsi addosso – rispondere puntualmente a mossa con mossa, ad aggressione con aggressione, a offesa con offesa, occhio per occhio e dente per dente forever, almeno facciamolo in habitat tecnologico! Spariamoci nell’universo virtuale, facciamoci bastare l’onta di aver perso virtualmente ducentomila persone inclusi vecchi, donne, bambini, cani e gatti, a fronte dei soli cinquantamila persi dal nemico. E dichiariamoci vinti, onore ai vincitori.
E andiamo avanti così, di offesa in offesa, di mossa virtuale in mossa virtuale, come su un immenso, sterile videogioco, in cui a cadere sono soltanto i nostri avatar, milioni di SuperMario. Quanto agli aerei da guerra senza pilota, scaraventiamoli su città degne di loro: città di pixel senza abitanti. Le macchine da guerra guidate da nessuno indirizziamole su ospedali disegnati in 3D, senza medici e senza pazienti. Le bombe nucleari facciamole pure esplodere nel metaverso, e godiamoci tutti gli orripilanti effetti speciali del caso.
L’onore non sarebbe salvo comunque? Non misureremmo ugualmente il nostro coraggio, le nostre abilità tecniche e strategiche? O è proprio necessario spargere sangue vero? Non è forse vero che oramai il chirurgo ci opera senza toccarci, che viaggiamo senza spostarci, che pilotiamo aerei stando seduti alla scrivania, che ci scriviamo lettere senza usare carta e penna, che leggiamo libri senza sfogliarli, che ci incontriamo senza incontrarci, che ci amiamo senza amarci? E non è forse vero che tutto ciò è possibile grazie anche alle geniali tecnologie di quegli stessi paesi, Israele, Iran, Russia perfino Ucraina, che oggi invece insistono a voler spargere per davvero il sangue altrui e anche il proprio?
Strano. O ridicolo. O piuttosto stupido, grottesco. Il mondo evolve, la tecnologia fa miracoli per migliorare le condizioni della vita sulla terra, eppure l’istinto di farci fisicamente del male rimane sempre lo stesso, precisamente come all’età della pietra. Se non vedono il sangue, gli uomini non si saziano. Gli uomini, gli stupidi vampiri. Non capiscono, non vedono, non si mettono l’animo in pace.
18 aprile 2024