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IL CIABATTINO FILOSOFO

Il ciabattino filosofo non è il protagonista di una fiaba dei fratelli Grimm o di Italo Calvino. Esiste davvero ed esercita il suo mestiere in una bottega minuscola, davvero da fiaba, nella piccola strada dove abito io. Sta lì da oltre vent’anni: fisico asciutto, capelli perennemente arruffati sempre più grigi, età indefinibile, grembiule di lavoro dal colore altrettanto indefinibile, radio sempre accesa, testa bassa sul suo deschetto da lavoro ingombro di un disordine post-atomico. Appare imperturbabile a tutto, salvo qualche lampo di ironia che gli accende lo sguardo ogni tanto, alternato a espressioni tra lo svagato e lo smarrito, quando entri in bottega e gli domandi se per caso ha finito di risuolarti le scarpe. La risposta è sempre la stessa:

-Passi domani.

E così, di domani in domani, le tue scarpe te le dimentichi, ti rassegni a comperarne altre, salvo ogni tanto tornare a far capolino nella botteghina e domandare se per caso qualche folletto le ha risuolate nottetempo.

Non so come si chiami, non so davvero quanti anni possa avere, e mi domando che vita sia quella di un uomo né giovane né vecchio che passa le sue giornate  in mezzo alle scarpe di tutto un quartiere, in una continua, polverosa penombra. Io, che ho un’attenzione peri-feticistica al piede, ogni volta che entro nella botteghina ho la sensazione di entrare in un vagone di metropolitana affollato o in una sala di teatro altrettanto piena : le scarpe esposte sugli scaffali mi guardano, eloquenti e mute, parlandomi inequivocabilmente dei loro proprietari. Attraverso le particolari sformature di un mocassino o di un decolleté,  mi appaiono in trasparenza gli sguardi e le storie di una folla di sconosciuti. Che, nello stesso modo, suppongo appaiano all’artigiano, il quale più di una volta mi ha dato prova di non rimanere insensibile alle umili provocazioni degli oggetti su cui lavora: preziosi indizi di umanità.

Credo infatti che proprio attraverso questa dimestichezza indiretta con i piedi delle persone ( con la parte più bassa, umile e rejetta del corpo umano) il ciabattino abbia maturato il suo sistema filosofico, con il quale a sprazzi ci illumina, se si ha l’ardire di dargli un po’ di spago, o se lo si coglie in un interstizio di buon umore, quando solleva il volto smagrito dal deschetto e si concede a qualche tetra o azzardata previsione sul futuro dell’umanità. Il suo cavallo di battaglia è l’eliminazione del denaro, o per lo meno della valuta corrente. Non ho capito se in forza di un vagheggiato ritorno al baratto (il che lo riporterebbe giustappunto all’epoca delle fiabe dei Grimm di Perrault) o dell’altro audace sogno di una comunità che possa battere moneta indipendentemente dal proprio stato o da unioni di stati. Inutile dire che il ciabattino ha professato il credo no-vax in modo piuttosto  fondamentalista, e che è tra quelli che hanno visto nel programma di vaccinazione di massa anticovid il rilanco del progetto nazista di selezione razziale.

E’ raro incontrare persone con idee. Sballate magari, ma comunque frutto di un esercizio critico. Credo dipenda anche dalla progressiva estinzione dei mestieri, ovvero di quelle occupazioni che comportano l’uso delle mani. Qualcuno ha osservato che la nascita della filosofia occidentale, universalmente collocata in Grecia, avviene parallelamente al fiorire della scultura nella stessa area geografica. Il lavoro delle mani incoraggia il lavoro della mente, lo confermano anche i pedadoghi. La progressiva atrofia delle mani ci sta inebetendo, consegnandoci ai software che pensano spesso per noi, attraverso tastiere sulle quali l’uso delle mani è omologato in gesti sempre uguali.

Il ciabattino filosofo condivide il suo desitno visionario con il leggendario Cornacchia – ciabattino anche lui – protagonista del  film Nell’anno del Signore di Luigi Magni, dove Cornacchia era in realtà il misterioso, arguto Pasquino. Come Cornacchia, il nostro ciabattino non solo lavora con le mani, ma lavora a beneficio dei nostri piedi. Cioè punta al basso. Che è sempre e comunque la premessa per riuscire alla fine a guardare in alto.

4 marzo 2023

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