Chi ha almeno cinquant’anni dovrebbe ricordare quel soave sorriso sotto lo zucchetto bianco. Moriva 44 anni fa, il 28 settembre 1978, appena un mese dopo essere stato eletto al soglio di Pietro: il primo papa a non essere incoronato con il triregno. Il suo predecessore Paolo VI aveva usato ancora quel fastoso simbolo, ma solo all’inizio del proprio ministero, per poi dismetterlo definitivamente. E Il papa senza corona – Vita e morte di Giovanni Paolo I è infatti il titolo del libro edito da Carocci e curato da Giovanni Maria Vian, che presenta un ritratto a più mani del pontefice più “fugace” del XX secolo. Ma un libro si scrive anche e proprio per contrastare la fugacità del tempo, per ancorare all’eternità una storia, un fatto, una persona, un sorriso.
Paradossale vicenda quella di Albino Luciani, papa del postconcilio e ouverture al pontificato di Giovanni Paolo II, al contrario del suo il più lungo del novecento. Un pontificato brevissimo seguito da uno quasi trentennale. Si dice che lo Spirito Santo “si diverta” così, quasi per meglio assestare le sue sterzate sulla storia dell’umanità: un pontificato breve alternato a un pontificato più duraturo. Di Giovanni Paolo I si trova dunque in questo libro un ritratto plurimo, caleidoscopico e singolare per la novità di sei approcci tra loro decisamente complementari, oltre che certamente inediti. La sua vita e la sua morte sono ricostruite da quattro accademici , da uno scrittore e da un critico cinematografico. Assortimento di per sé significativo.
Difficile non pensare a questo pontefice emancipandosi da un malinconico senso di privazione. Lo suggerisce del resto il titolo stesso: quel “senza corona” allude senz’altro alla scelta di non indossare un simbolo ormai inattuale rispetto alle turbolenze degli anni settanta del secolo breve, ma anche a un regno in un certo senso “abortito”, anzi quasi neppure abbozzato. “E’ impossibile immaginare che papa sarebbe stato Luciani – conferma Vian nel primo dei sei saggi che compongono il volume- : una figura di fatto sconosciuta e sicuramente non di spicco, ma alla quale sono state subito attribuite intenzioni di una radicale riforma della Chiesa”. Di qui forse il fascino di poter abbinare al rigore della riflessione storica la seduzione del possibile, dell’immaginazione fantapolitica. E non a caso i due capitoli finali del libro, affidati allo scrittore Juan Manuel de Prada e al critico cinematografico Emilio Ranzato, svelano la prolifica produzione artistica scaturita dalla vicenda terrena di Giovanni Paolo I (romanzi, saggi, film…) a cominciare dalle leggende sui complotti relativi al suo presunto assassinio. Ciò che non è stato e avrebbe potuto essere incoraggia comunque le più eccentriche congetture: la storia non potrà smentirci comunque.
Ma non è questo il cuore del “racconto” di Vian e compagni. Il cuore è in quell’aggettivo “sconosciuto” che non si limita a liberare l’esercizio del possibile, ma che piuttosto incoraggia la ricerca, l’approfondimento di una lettura “laterale” del personaggio e del contesto in cui visse e operò, da papa e non solo. Insieme all’implicita, malinconica domanda circa ciò che avrebbe potuto essere e non è stato, emerge così dalle pagine di questo studio una specie di tenerezza nostalgica simile a quella che ci prende quando sfogliamo un vecchio album di sbiadite fotografie: cominciamo a prestare attenzione soprattutto ai particolari. Ne emergono tanti in questa ricostruzione: la passione del futuro papa per la lettura e la scrittura e per un giornalismo popolare, niente affatto paludato (Roberto Pertici), la sua fondamentale intuizione circa la maternità di Dio (Sylvie Barnay), le tante somiglianze con il discusso predecessore Pio X, il suo radicamento nella comune regione d’origine, il Veneto, da cui di fatto non si staccò mai… (Gianpaolo Romanato), e ancora i suoi metodi catechetici ispirati al dialogo e alla semplicità uniti a un rigoroso rispetto per la tradizione, il ricorrente pensiero della morte, la sua pazienza nell’ascolto di chicchessia… Dettagli che, riavvolgendo il nastro all’indietro, e riletti in chiave di allegoria, appaiono come filtri interpretativi di tutto un secolo alla luce del mistero, rispetto al quale il nostro tempo è diventato tragicamente cieco e sordo. “Figura fasciata di mistero” disse infatti di Giovanni Paolo I Jean Guitton. Espressione che Vian mette in relazione a un passaggio di un’omelia di Giovanni Paolo II riferito al predecessore: “mostrato più che dato”.
Beatificandolo lo scorso 4 settembre, Francesco ha detto: “Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga ‘il sorriso dell’anima’.” E come nella evanescente, momentanea apparizione di una cometa ci colpisce comunque il mostrarsi della luce, anche nella brevità di un sorriso può consolarci la conferma della misericordia di Dio.
27 settembre 2022