Per ascoltare invece di leggere:
Qualche notizia e titolo di giornale:
“Scontri tra antagonisti e polizia a Bologna. Salvini: chiudere i centri sociali occupati dai comunisti (poi definiti dallo stesso ministro “zecche rosse”)”.
“Gli antagonisti hanno tentato di raggiungere la zona dove si trova la manifestazione dei Patrioti e Casapound (di destra)”.
“Gli antagonisti sono entrati in contatto con la polizia a più riprese tra lanci di oggetti e petardi”.
Ma chi sono sti antagonisti? E poi che vuol dire “entrare in contatto con la polizia”?
In un film, in un romanzo, in una favola, gli antagonisti sono i cattivi, l’orco che ostacola la liberazione della principessa, il criminale che sfugge all’eroico tutore della legge. Nello sport, in una qualsiasi competizione, l’antagonista è il rivale che ti contende il titolo. In anatomia, muscoli antagonisti esercitano funzione opposta ad altri (per es., i muscoli flessori delle dita sono antagonisti dei muscoli estensori), in chimica sono farmaci che esercitano una reazione fisiologica opposta a quella di altri farmaci o di altre sostanze.
Nel caso di Bologna, va bene che definirli “zecche rosse” con Salvini è eccessivo ma non li si potrebbe identificare meglio e con maggiore obbiettività? “Facinorosi”, “oppositori del governo”, “teppisti”, “eversori”, “anarchici”, “sovversivi”, “aspiranti rivoluzionari”, “pseudoterroristi”…
La parola “antagonista” è così ipocritamente generica, in questo caso, che tradisce il non voler o il non saper guardare in faccia la natura autentica dell’opposizione, accomunando qualunquisticamente intenzioni diverse e diverse tipologie di lotta. Chi sono veramente costoro?
Un cronista, un analista politico, un sociologo, un magistrato o un semplice maresciallo non sono in grado di identificarli, caso per caso? Sono solo cittadini giustamente esasperati o esponenti di cellule neobrigatiste in formazione? Sono nostalgici della lotta armata o semplici frustrati con la voglia di gonfiare un po’ i muscoli ad ogni occasione? Perfavore non chiamiamoli “antagonisti” facendo di ogni erba un “fascio”. O meglio una “fascina”.
E poi che vuol dire “entrare in contatto con la polizia”? Si entra in contatto con qualcuno per un appuntamento galante, con un impiegato dell’anagrafe per avere informazioni, con il centralino di un ospedale per fissare una radiografia, con un professore per avere notizie sui progressi scolastici del proprio figlio…
I lanci di oggetti e petardi, come recita la notizia, non fanno pensare ad alcuna pacifica “entrata in contatto”.
E’ la pigrizia dei giornalisti, che si adagiano su certe parole o espressioni per risparmiarsi la fatica di pensare e di esercitare sani e doverosi distinguo. I quali imporrebbero approfondimenti e domande.
Altra espressione in questo caso non giornalistica ma semi-istituzionale che dà da pensare: Magistratura Democratica. Come è noto, è una associazione, “aperta alla adesione di tutti i magistrati”, (così si legge sul suo sito) componente della Associazione Nazionale Magistrati che, rispetto a quest’ultima, ha una precisa autonomia: è possibile cioè aderire a Magistratura democratica senza aderire all’Associazione Nazionale Magistrati.
Domanda: ma come è venuto in mente ad alcuni magistrati di definirsi “democratici”? La polemica sul coinvolgimento politico dei giudici non c’entra. La magistratura potrebbe forse essere anti-democratica? Potrebbe essere tirannica? Dispotica? totalitarsitca? O anche in questo caso si tradisce la paura di poterlo essere, la tentazione di volerlo diventare? Si tradisce la paura di non riuscire ad essere perfettamente “magistratura”? Perfettamente equilibrati, equidistanti, giusti
Le parole a volte sono pigre, a volte invece sono rivelatori implacabili dei nostri retropensieri, delle nostre, delle nostre tentazioni, delle nostre paure.
11 novembre 2024