Per ascoltare invece di leggere:
Fino a qualche anno fa, quando sembravo ancora una ragazzina, mi vestivo con abiti da pochi soldi, comprati spesso nei mercatini o ai grandi magazzini. Eredità della cultura giovanilistica degli anni settanta: l’importante non è apparire, ma essere. In contrasto con questa saggezza fricchettona preferivo la quantità a scapito della qualità, volevo cambiare look di frequente ed ero convinta che l’economico prêt-à-porter sia spesso più fantasioso e meno omologato dell’alta moda. Allo stesso modo come preferisco un bastardo da canile a un cane di razza con petigree
Con gli anni ho dovuto cambiare registro: quello che si perdona a una ragazza non lo si può lasciar passare a una signora, che vestita con capi da poco appare sciatta. Ho cominciato a preferire la qualità alla quantità. Mi cambio meno spesso ma indosso abiti un po’ più ricercati e dunque più costosi. (Però continuo a preferire il bastardino recuperato al canile.)
Non ho mai fatto molta attenzione alla moda, sempre per quella eredità della cultura giovanilistica e arruffata da aspirante figlia dei fiori. Solo oggi, a causa del doveroso cambiamento dovuto all’età, rifletto su che cosa rende un abito migliore di un altro. Non la foggia, non il colore, non l’apparenza, ma la qualità, la sostanza, il tessuto. Ugualmente, da che cosa valutiamo la qualità di una persona? Dai modi cordiali, dalla allegria guascona e colorata, dai rutilanti inviti a pranzo e a cena? O non piuttosto da altro, meno visibile, ovvero dalla sua sostanza, dalla sua tenuta agli urti della vita, dalla sua resistenza alle offese, alla sfortuna etc? Quando si dice che una persona “ha stoffa”!
Per questa stessa strada ci ritroviamo, da adulti, improvvisamente più esigenti, desiderosi di selezionare le amicizie, intenzionati a far cadere i rami secchi, a smettere di cercare chi non ci cerca, insomma a pretendere di più, in assoluto.
Anni fa, lavorando in radio, quando ancora erano in uso i CD e i relativi strumenti di lettura, inserii nella macchina un CD non originale, ma registrato da me. La macchina si inceppò e non ne volle sapere di riprodurlo. Pensai che quell’apparato non valesse gran che, e questo comunicai al collega tecnico che mi seguiva in regia. Mi spiegò che era vero precisamente il contrario: più la macchina è evoluta, più è esigente circa la qualità dei dispositivi che le si introducono.
Anche noi, da adulti, diventiamo refrattari alle minime imperfezioni, più severi sui comportamenti nostri e degli altri. Anche in questo caso, cerchiamo la sostanza, il “tessuto” più autentico della vita. Che costa, certo: impone tagli, rinunce, e soprattutto la fatica di svuotare gli armadi dai vecchi stracci.
Nel troppo, il meglio non si nota. Nel poco, quello che vale risalta e risplende.
26 ottobre 2024
In alto: “La comparsa delle rughe”, da Bigoidni, edizioni Bideri