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L’IMMORTALITA’ DEL BULLO

Per ascoltare invece di leggere:

Nel mondo soffia il vento gelido della guerra, l’umanità forse sta trasmutando in altro o è prossima a estinguersi come i dinosauri ma i bulli vinceranno tutte le guerre, sopravvieranno a tutto.

Roma. Torno alla mia auto parcheggiata un paio d’ore fa sul Lungotevere davanti a Palazzo Giustizia. Apro la portiera, entro. Mi accorgo che dall’auto parcheggiata accanto alla mia un giovane uomo seduto al volante mi sta facendo dei cenni. Siccome appartengo a una specie in via di estinzione, immagino di aver chiuso nella mia portiera un lembo dell’impermeabile o di avere lasciato i fari accesi, e che il giovanotto, gentile, voglia segnalarmi la cosa. Abbasso il vetro del finestrino.

-Dica.

-Si è accorta?

-No. Di che cosa?

-Si è accorta di avere aperto la porta?

-Beh, certo, sono entrata.

Farfuglia, l’eloquio diventa confuso, l’espressione, che non è mai stata gentile, si fa minacciosa.

-Me l’ha aperta addosso.

-Addosso alla sua portiera, intende?

Guardo istantaneamente in cerca di ammaccature sul suo sportello, rovisto affannosamente nella mia memoria acustica sulle tracce del tonfo, del botto, dello stridore, che l’avere aperto la mia portiera addosso a quella dell’altra auto parcheggiata accanto potrebbe aver appena provocato. Il nulla. Sto per chiedergli se vuole scendere a verificare eventuali danni e redigere insieme un CID, ma mi mordo la lingua. Suonerebbe polemica. L’espressione minacciosa diverrebbe magari  feroce. Il giovanotto, appena rivelatosi bullo, evolverebbe in mostro. Risolvo diversamente.

-Mi spiace, ma guardi non mi sono proprio accorta.

-Ah bene. Le auguro buona serata.

E queste parole, astratte e isolate, sintatticamente coerenti, che in un giovanotto qualsiasi suonerebbero gentili e risolutive, conclusive di un microincidente banale quale un urto involontario, in bocca all’aspirante mostro, accompagnate da un suo frenetico annuire con il capo (che mi rivela solo ora la sua scompigliata corona di ricci tipo testa di Medusa) tradiscono e palesano, anche nel tono della voce, ben altro:

-Ah bbeh, brutta stronza. Vedi de girà al largo senno’ te gonfio.

L’umanità forse è in via di estinzione, ma il bullo resiste e resisterà nelle ere. E’ giusto così. Er Monnezza non è solo un personaggio cinematografico, è anche più di una maschera da commedia dell’arte. Il bullo è la sintesi del decadimento di ogni civiltà: i cretesi, gli assirobabilonesi, i greci, gli egiziani, i romani, gli aztechi, i maya avranno avuto tutti, indiscutibilmente, i loro incurabili bulli, i“monnezza”: quelli che urlano la loro resistenza a ogni entropia cosmica grazie alla paura atavica di essere aggrediti o anche solo “toccati” (perfino da una signora goffa e distratta che entra in un’auto parcheggiata accanto alla loro e, distrattamente, la urta). Il bullo, ogni bullo, ogni Monnezza di questa terra ha orrore del tatto, anche nel tatto mediato, nel quale riesce a vedere solo la minaccia del pugno, l’indebita invasione del suo spazio vitale. Ogni Monnezza di questa terra sopravviverà pertanto alle guerre, alle invasioni, alle amebe e ai dinosauri perché non si farà toccare mai da una portiera altrui e neppure, mai e poi mai, da un dubbio, e soprattutto da un soffio di misericordia per il suo prossimo.

10 aprile 2024

 

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