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LUCI

In questi giorni tutto si è acceso, quale crisi energetica? I giochi di luce del Natale ci fanno tornare tutti bambini. Nessun negoziante- di quelli eroici che resistono-  ha rinunciato alle stelline, alle decorazioni elettriche, alle piogge di punti luminosi su insegne e vetrine… La farmacia di piazza Mazzini a Roma da qualche anno allestisce una specie di fiera paesana con enormi fiocchi rossi al neon. E mica è la sola. Alla faccia del buon gusto. I balconi e le finestre dei condominii, dal centro alle periferie, regalano piccoli spettacoli altrettanto stupefacenti, per quanto kitsch. Chi illumina il davanzale, chi la cornice di una piccola finestra con cortine di lampadine intermittenti… La mia amica Luisa ha fatto l’albero già a metà novembre “per illuminare i pomeriggi bui”.  Fino a qualche anno fa io costruivo per i miei bambini fragili vetrofanie di carta velina che offrivano ai dirimpettai e ai passanti colorate trasparenze rivelando la luce dell’interno. E in queste sere mi addormento tardissimo, con la serranda alzata, per fissare dal letto gli ipnotici led argentati dalla facciata di fronte che lanciano bagliori extraterrestri…

Tutte queste luci sono ovviamente vivissime reminiscenze di quella luce che guidò i magi alla capanna, metafora, per i credenti, della Luce incarnata nel mondo. Abbiamo bisogno della luce. Dio, se esiste, lo sa. Non a caso anche gli antichi celebravano proprio al solstizio d’inverno i Saturnalia, in onore del dio Saturno, come preludio al “dies natalis Solis Invicti”, quando si attendeva la rinascita della natura, l’uscita dalle tenebre, con le ore di luce che tornano ad aumentare.

Abbiamo bisogno della luce, segno di vita. Nei paesi del Nordeuropa, dove mesi di luce si alternano a lunghi mesi di buio, le finestre sono avamposti in cerca del primo raggio di sole. Sono allestite come altari – candele, fiori, coccarde, ghirlande le adornano tutti i mesi dell’anno- sempre aperte in una naturale continuità fra dentro e fuori. Rivelano all’esterno l’interno della casa, e proiettano l’interno verso il cielo, a spiarne i primi chiarori.

La santa con la luce nel nome, Lucia di Siracusa, sarà celebrata non a caso tra qualche giorno dalla chiesa cattolica e anche dalla chiesa ortodossa: protettrice della vista, nelle terre scandinave è lei a portare i doni al posto di Babbo Natale.

All’amato, l’amante sussurrra “mio sole, mia luce, mio splendore”…. La luce è vita, calore, chiarezza, trasparenza, benedizione, amore.

E così, con gli occhi e la testa pieni di lucciole, ho pensato anche io, per questo Natale, di illuminare una delle mie finestre con una ghirlanda di piccoli led. Nell’industriarmi in questa operazione, mi sono accorta che ne avrebbero goduto appunto i passanti o i vicini dirimpettai, non tanto io, che in compenso mi gusto la loro scenografia luminosa, fortuantamente più bella della mia.

Conclusione: la luce – primo medium universale, grazie a cui comunichiamo- è tale solo se offerta e, in quanto offerta, restituita. La luce è reciprocità: ci incontriamo in un mare di luce o nella penombra, ma solo se diamo capaci di diffondere chiarore ne veniamo a nostra volta illuminati. Vale lo stesso anche per lo sguardo, il sorriso: se lo diamo, ci viene restituito. E così fare luce è anche e sempre dare luce, dare alla luce, dare alla vita, cioè donare. Anche quando torna dopo la crocifissione, il dio dei cristiani torna in forma di fuoco, luce che accende e che riscalda.

 

8 dicembre 2022

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