Era il materiale del futuro, e oggi è il materiale del passato. In tanti sensi. Negli anni sessanta del secolo scorso il chimico italiano Giulio Natta e il collega tedesco Karl Ziegler ricevettero il Nobel per la scoperta della polimerizzazione sterospecifica, un particolare tipo di reazione che porta a produrre in laboratorio le macromolecole tipiche della cellulosa e della gomma: nacque così la plastica, un materiale ultraresistente e praticamente indistruttibile che in sessanta anni ha rivoluzionato la vita sul pianeta.
Sappiamo tutti quanto, all’entusiasmo di oltre mezzo secolo fa si contrappongano però il disincanto e la preoccupazione di oggi, soprattutto dopo che ci siamo accorti di quello che comporta il lunghissimo ciclo di vita di questo materiale: proprio la sua maggiore virtù è diventata il nostro massimo problema. Se è indistruttibile e ormai così massicciamente diffusa su tutto il pianeta, oltre che altamente inquinante, come smaltirla? E’ davvero biodegradabile? Può davvero essere riciclata? Si può pensare di farne a meno o almeno di ridurne la produzione, sia potenziandone il riciclo, sia limitandone gli infiniti impieghi industriali e quotidiani?
D’altra parte lo stesso riciclo, oggi invocato da più parti come la soluzione allo smaltimento dei rifiuti in genere, nasconde in sé un peccato originale, e in particolare relativamente alla plastica: riciclata, non solo ci conferma la sua indistruttibilità, ma anche la sua capacità di risorgere dalle sue stesse ceneri infinite volte… Ci folgora allora come metafora straniante dell’eternità, valore decisamente non adatto alla vita sulla terra, cui dona di più l’inoffensiva finitudine della vita umana, che si conferma fragile e per questo così tanto incisiva e protagonista, nel bene e nel male, nel corso della storia: al contrario qualsiasi oggetto eterno o pseudo-eterno -indistruttibile e ultraresistente- finisce per consumare chi lo usa incondizionatamente e spietatamente. La plastica conduce così il materialismo dialettico fino alle estreme conseguenze: l’oggetto non solo reifica il soggetto, ma finisce per ucciderlo.
Dunque magari poterla davvero riciclare, a condizione però che contemporaneamente se ne blocchi la produzione: diversamente, accanto a oggetti continuamente risorti dalle loro ceneri avremmo anche prodotti nuovi di fabbrica, in pratica una infestazione moltiplicata di prodotti inquinanti, con un raddoppio del problema invece della sua soluzione.
Con questo vorrei continuare ad auspicare una ottimizzazione del riciclo, evidentemente alle condizioni di cui sopra, e vorrei anche esaltarlo nel microcosmo quotidiano quando sempre più spesso si traduce in riciclo creativo. Ormai un must dei nostri tempi. Pullulano ovunque in rete i suggerimenti stile bricolage su come costruire un portacarte da una bottiglia di cocacola, su come creare maschere di Carnevale assemblando i vecchi sacchetti della spesa ormai fuorilegge, su come inventarsi una lampada a partire dall’imballaggio delle uova etc. etc.
Leonella Masella è una “artigiana” di solida formazione artistica, perfezionata tra l’altro anche all’estero, in Namibia e Sudafrica, che coniuga volentieri il divertimento manuale con l’educazione al rispetto ecologico nonché con progetti solidali. Ha presentato domenica scorsa a Gattomerlino Spazio, a Roma, che fa capo alla omonima casa editrice, il suo Bestiario, rassegna di teneri animali fantastici, frutto di assemblaggio di flaconi di detersivo, acqua minerale, vasetti di yogurt etc. Con lo stesso spirito Leonella ha anche creato la fontana di Antonio e Cleopatra che ravviva di colori (plastici) il piazzale del mercato Trionfale a Roma.
L’artista ha confessato che, come per molti di noi, l’idea iniziale è nata dall’esigenza di liberare casa dall’eccesso di oggetti accumulati in vista di possibili usi futuri, soprattutto didattici, visto il suo impegno in numerosi seminari scolatici. La tentazione di dare una seconda opportunità alla vecchia bottiglia di resina acrilica è dura a morire, esattamente come la bottiglia stessa. Evidentemente il più squallido oggetto seriale porta con sé la seduzione dell’eternità e dell’indistruttibilità: ci attrae per la sua brillantezza o per la sua trasparenza o per la sua leggerezza e non ci facciamo rassegnati del suo effimero destino, cerchiamo di nobilitarla, trasformandola perfino in materiale educativo. E così Leonella raccoglie ed assembla bottiglie e flaconi creando strampalate creature che, sotto lo sguardo mite da animali al macello, finiscono per rivelarne un altro, assai più eloquente e accusatorio: portavoce di tutti i prodotti e gli scarti di polipropilene e PVC disseminati sul pianeta, gli animali di Leonella non fanno che testimoniare di quanta plastica tutti noi – inclusa Leonella – abbiamo abusato. Il Bestiario di Leonella diventa così una grottesca dichiarazione di colpevolezza e, in parallelo, un tentativo di toglierci di dosso, tutti quanti, la colpa di non aver badato all’essenziale, ma soltanto a noi stessi e alle nostre immediate comodità. Testimoni e figlie del nostro consumo sconsiderato, le bestioline plastiche implorano per noi il perdono di Dio o chi per lui. Sorridiamo delle loro ironiche forme e insieme ci ricordiamo -loro tramite – di quanto detersivo per lavatrice avremmo potuto fare a meno..! Riciclando loro, cerchiamo di riciclare, nobilitandola, la nostra caduta nella trappola del consumismo
Sembra intenzionale, ma la Masella non si cura di nascondere le varie forme di bottiglie e flaconi, per esempio plasmandoli o rimodellandoli, non intende proprio farceli dimenticare, tutto al contrario, lascia anche in alcuni casi anche le etichette bene in vista. Sembra voglia quasi ribadire la nostra e sua ammissione di colpa di consumatrice impenitente, che, dopo avere contribuito ad ingrassare l’industria della plastica, ora persevera nel ribadire la sua malefica eternità, aggiungendo, a quella dei polimeri, anche l’ambizione all’eternità degli oggetti d’arte, a maggior ragione destinati a resistere nel tempo, a svolgere una funzione il più possibile educativa e ammonitrice.
Leonella è una signora necessariamente alternativa: non potrebbe essere meno borghese di così; è affabile, ironica, intelligente, elegante e spiritosa, coi capelli al naturale, i gioielli etnici, le mani flessuose ed eleganti abituate ad avvitare, perforare, incidere… Se perfino una donna come lei ammette disinvoltamente le nostre colpe consumistiche e “inquinanti”, continuando a “infierire” lei stessa sul pianeta con le sue deliziose creature zoomorfe, che diventano maestre di vita, davvero … non abbiamo più scampo. Meritiamo di morire sepolti sotto strati di poliuretano, polistirolo, plexiglas e celluloide. Però almeno felici e con gli occhi pieni di colori. E consapevoli di dover ripulire le nostre coscienze, insieme al pianeta. E allora grazie, Leonella.
16 maggio 2023
Leonella Masella
Gentile Laura, grazie per l’attenzione che ha voluto dedicare al mio lavoro e per la puntuale approfondita analisi di questo tema così ambiguo e intrigante che mi assilla da tanti anni.