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PACCHETTI

Per ascoltare invece di leggere:

In questi giorni andiamo per negozi, chi più chi meno. E come usciamo dai negozi? Che cosa abbiamo in mano? Una o più buste. Di plastica (sempre meno) o di carta.

E chi ha inventato le buste della spesa? Pare sia un lungo processo -forse ancora in corso -che parte da lontano, dall’ottocento. Prima le buste della spesa erano di carta e basta, come quelle da lettera, solo un po’ più grandi, poi qualcuno ci aggiunse un fondo per renderle più capienti, in seguito qualcun altro ci aggiunse i manici… Poi diventarono di plastica, e allora i negozi cominciarono a stamparci sopra la loro pubblicità. Poi si tornò alla carta e si scoprirono i materiali riciclabili…

Tutte le forme e tutti i modelli di ogni tempo sono comunque accomunati dall’esigenza di comodità del trasporto delle merci acquistate.

Io faccio un amarcord e torno al tempo in cui le buste, di carta o di plastica, non erano così diffuse se non a volte nei negozi di alimentari o nei primi supermercati.

E dai negozi si usciva invece con uno o più pacchetti. Ecco: i pacchetti, oggetti smarriti.

Vorrei condividere ad esempio il ricordo legato a Bises, negozio di tessuti a Largo Argentina a Roma, situato in un palazzo storico, forse palazzo Altieri, che si sviluppava in una catena di grandi stanze con alti scaffali pieni di pezze di tutti i colori e prestigiosi tavoli di antiquariato su cui gli abili commessi srotolavano e riarrotolavano i tessuti. Ebbene, alla fine del percorso delle infinite stanze, prima dell’uscita, un locale era esclusivamente dedicato al reparto pacchi. Qui, diversi commessi o magazzinieri, rigorosamente in camice beige o nero, erano addetti a impacchettare, in carta kraft e spago, i tagli di stoffa acquistati.

Da bambina ammiravo la loro destrezza e la loro rapidità. Soprattutto ammiravo il loro ruolo così specifico, umile per certi versi rispetto a quello dei commessi che tagliavano stoffe, ma anche solenne: erano , in un certo senso, i latori del premio finale, gli angeli dell’uscita. Dopo il faticoso pellegrinaggio fra mille possibili scelte di tessuti di ogni consistenza e colore, mettevano in mano al cliente il frutto della ricerca andata a buon fine.

L’imballaggio era umile a confronto del contenuto: la carta da pacchi poteva non far supporre all’interno della confezione una sontuosa seta e lo spago tirato con energia poteva far temere qualche lesione sulla delicatezza del tessuto. Insomma dentro e fuori non corrispondevano.

Ma proprio per questo il pacchetto era una poesia. Oggi a Natale ne vediamo tanti, in carte preziose, a tema, decorate a stelline, babbinatale, folletti, guarniti dalle più fantasiose coccarde…

Ma io penso al pacchetto anonimo, quello con carta marroncina e spago del negozio di tessuti, quello con sottile carta rosa e elastico delle salumerie e macellerie, quello con carta blu dei pastifici eccetera…. O anche al cartoccio del caldarrostaro.

Non voglio fare la nostalgica. Mi piace celebrare l’anonimato di questi antichi imballaggi. E la scomodità che comportava trasportarli, necessariamente in mano o in braccio. Le buste shopper sono state progettate giustamente per ridurre la fatica del traporto, grazie ai manici.

Ma non sempre la riduzione della fatica porta un’evoluzione del genere umano.

La comodità del trasporto ci fa allontanare dal valore di quanto abbiamo acquistato, dalla fatica che è costata la costruzione stessa dell’oggetto, oltre dal sacrificio di acquistarlo a piccolo o a grande prezzo.

E la seduttività dell’incarto vistoso ci spegne la sorpresa e la possibilità di farci sedurre dalla cosa, prima che dal suo involucro.

Addio, antico pacchetto. Umile, poco funzionale e ancor meno seduttivo, ti limitavi a rivestire un oggetto che, scartato, ci appariva ancora più bello.

Per i miei figli, per i miei colleghi giovani, vorrei essere come te: una protezione insignificante e con nessun allure, un veicolo poco funzionale da buttare via senza rimpianto perché il contenuto arrivi dove deve arrivare e la sua bellezza si riveli da sé, nel grigiore di ciò che la circonda, senza bisogno di essere annunciata o magnificata.

 

28 dicembre 2024

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