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PER NAPOLI POCHE CASSANDRE

A Napoli e dintorni la terra trema. Ha tremato, continua a tremare. Tremano anche i turisti di tutto il mondo, ma di emozione e di sindrome di Stendhal quando ancora possono riempirsi gli occhi delle meraviglie del golfo, di Castel dell’Ovo e Mergellina, degli scavi di Pompei, degli stessi Campi Flegrei…

Nei palazzi del potere invece tutti sembrano stabili e calmi. Fermissimi nel declinare al futuro tutte le possibili iniziative di protezione per la popolazione, nel caso in cui il Vesuvio decidesse di mettersi a tremare, o meglio di esplodere, come ben sanno i geologi e anche le persone di buon senso, con le conseguenze che ciascuno può bene immaginare.

Stupisce, dicevo, la disinvoltura con cui a questo immaginario collettivo tenuto sapientemente a bada dalle alchimie della comunicazione, nei palazzi del potere si risponda con la grammatica del tempo futuro.

Entro due mesi sarà elaborato il piano di evacuazione e di verifica del rischio sismico, non si sa quando saranno messi a disposizione i 52,2 milioni di risorse previsti, tra qualche tempo sarà operativa una struttura di supporto specificamente dedicata e centralizzata presso il Dipartimento della Protezione civile e un coordinamento strettissimo con Prefettura, Regione Campania, Città metropolitana e Comuni interessati che potranno avvalersi anche delle professionalità e delle tecnologie del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche …eccetera eccetera eccetera.

Queste le parole che si trovano nel decreto Campi Flegrei approvato in questi giorni in Consiglio dei ministri. Così nessuno potrà dire che non ci avevano pensato.

Pare che il ministro Musumeci abbia sottolineato la necessità di passare “dall’emergenza alla seria prevenzione”. Spero che la notizia sia falsa, perché, al contrario, sarebbe ora di passare dalla prevenzione all’emergenza. Napoli e dintorni sono già in emergenza! Sono già in emergenza -lo erano fin dall’inizio-  gli  almeno diecimila edifici abusivi sorti nel corso degli anni a due passi dal cratere, costruiti laddove logica e buon senso avreb­bero sconsigliato anche i bonari condoni che invece hanno sconsideratamente “sanato” la situazione a beneficio di interessi di palazzinari e camorristi. I vulcanologi sanno benissimo che la zona è ad altissimo rischio, e che lo è già oggi, non in un futuro indeterminato, e tutti sanno, anche i firmatari del decreto legge – o dovrebbero sapere- che non esiste un piano di fuga possibile, e che in caso di eruzione non ci saranno sfollati, ma morti.

Lo sanno bene anche i professionisti della comunicazione istituzionale, che sottilmente afferma per negare, sminuisce per non voler allarmare, annuncia il dovuto ma a volo d’uccello, quanto basta, senza approfondire più di tanto, né tanto meno affondando nel torbido di interessi sporchi e di inconcepibili leggerezze istituzionali. Fortunatamente c’è un altro disastro di cronaca a portata di mano (l’incidente di Mestre) per saziare la fame di orrore del lato oscuro del pubblico, e allora si preferiscono i morti già morti ai morti possibili: a chi piace fare la Cassandra?

Lunedi 9 ottobre ricorrerà il sessantesimo anniversario del disastro del Vajont. Altra tragedia annunciata che in pochi istanti è diventata una tragedia reale. Pensare alla disastrosa eruzione del Vesuvio come un evento futuro o solo possibile non basterà a sanare le coscienze e a diluire le responsabilità. Che le Cassandre si moltiplichino. Meglio tante Cassandre oggi che chissà quanti morti domani.

 

6 ottobre 2023

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