Close

QUATTORDICESIMA

Una delle cose più difficili a questo mondo è scendere. Lo sanno coloro che devono affrontare rovesci di fortuna e abbassare il proprio tenore di vita, ma lo sanno gli alpinisti, o semplicemente i camminatori goffi come me: nella salita ti sostiene l’entusiasmo un po’ baldanzoso di arrivare in vetta, di riuscire nell’impresa. Nella discesa devi imparare a frenare, a tornare indietro, a contrastare non solo la pendenza, ma la diversa attrazione della forza di gravità, che del restio ti seduce con il basso, il fondo della corsa, il ritorno alle origini, il richiamo della terra. E’ in effetti un richiamo duplice, che seduce e insieme impaurisce: infatti fatichiamo sempre di più a pronunciare la parola “morte”, e perfino i preti nella settimana santa, ritoccano oggi il vecchio rito dei “sepolcri” ricordandoci che Gesù non muore, ma è vivo in mezzo a noi. Tuttavia è banale legge fisica e di buon senso ricordarci che per poter salire bisogna comunque partire dal basso, e, fuor di metafora, essere prima arrivati al fondo, avere appunto accettato la discesa nelle tenebre, digerito la sconfitta del limite umano.

Quattordicesima stazione: il corpo di Gesù è deposto nel sepolcro. Si depone un oggetto, infatti, cioè qualcosa che non ha più vita. Poi ci sono oggetti e oggetti.  Anche una lenticchia è soltanto una cosa. Per di più piccolissima. Una vecchia tradizione popolare invita a “deporre” il giovedì santo un pugno di lenticchie su un letto di cotone e a innaffiarle ogni giorno. La piccola cosa apparentemente senza vita risorgerà in breve in una piantina.

 

8 aprile 2023

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *